mercoledì 24 aprile 2013

Edificio 17A - Pronto Soccorso



Quando tutto sembra andare verso un nuovo tipo di normalità... ecco l'imprevisto. La nefrostomia (il drenaggio del rene) fa sentire che qualcosa non va. Un po' riluttante, chiamo mio fratello. Non vorrei disturbarlo. Gli dico:
“Domani mi accompagni in ospedale? Ci sono problemi con la nefrostomia.”
“Quando vuoi , mi chiami e andiamo.”
Non è stato “domani”. Intorno alle 21 ho dovuto richiamarlo. I brividi non mi lasciavano, avevo la febbre alta. Tremavo come una foglia. Andiamo nel reparto dove ero stato ricoverato: nell'Edificio 17A. Mi fanno una medicazione. Sembra ci sia una leggera ostruzione nel tubo di drenaggio. Mi fanno un lavaggio con soluzione fisiologica. L'ostruzione viene eliminata. Ma ripetono più volte che loro non possono fare di più, devo presentarmi al Pronto Soccorso.
Non ricordo granchè della notte passata nel Pronto Soccorso. Un infermiere rotondetto, molto gentile, che si occupava di me. Filippo e Pino che si alternavano sull'unica sedia a disposizione nella stanza. Io che confondo le loro mani mentre le stringo. Con le labbra screpolate e la lingua di cartone faccio fatica a farmi capire. Devo ripetere più volte le parole. Anche solo dire per chiedere acqua. Il delirio dovuto continua fino alle prime luci dell'alba, quando finalmente la febbre scende sotto trentotto.
Allora comincio ad accarezzare l'idea di alzarmi da letto. Con molta difficoltà, ma alla fine ci riesco. Faccio quattro passi nel corridoio. Cerco di fumarmi una sigaretta, un infermiere dagli occhi azzurri, mi dice che non si può, nemmeno affacciato alla finestra. Guardo i suo occhi azzurri. Do l'ultimo tiro e poi spengo la sigaretta.
Alle tre di pomeriggio del giorno dopo, non so ancora dove mi trasferiranno. Annunciano l'arrivo di una visita medica che dovrà decidere dove mi sbatteranno.
Ovunque, credo, sarà meglio del Pronto Soccorso.

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