mercoledì 14 dicembre 2011

Festa per il compleanno del caro amico Giugiù




Ci incontrammo giorni fa in taverna. Lui, il principe, al suo solito posto. Mentre sorseggiavamo qualcosa, si chiacchierava del più e del meno. Gli dissi che avrei compiuto sessanta anni dopo pochi giorni. Lui si offrì di preparare una cena per la sera del compleanno. Il giorno dopo venne con la lista di amici da invitare. Il menù che aveva già in testa non me lo disse. In nove. Saremmo stati in nove. Quando il principe organizza una cena si fa a gara per farsi invitare a gustare le sue pietanze. E la Rossa? La Rossa era rimasta fuori. Ma come gli chiesi, la Rossa resta fuori? “Ma non è la fidanzata di Eusebio?”. A parte il fatto che il nostro amico non si chiama Eusebio, anche se adesso tutti lo chiamiamo così. Soprattutto la Rossa non è la sua fidanzata. Il principe ha una certa resistenza ad inserire un'altra persona. Perché sostiene di aver già apparecchiato. Anche se il giorno del compleanno sarebbe stato due giorni dopo. Alla fine vince il fascino della Rossa. Invitata. In dieci. Saremo in dieci.
L'appuntamento è a casa sua alle 20,43. Non e 45 o 30. No, 43.
Siamo tutti puntuali sotto il portone. Si suona. Fa sempre aspettare un poco prima di rispondere. Poi finalmente un “Siiì?”. Al mio: “Salvatore” apre il portone.
Ci fa accomodare nel salotto. La tavola è già apparecchiata con gli antipasti. Pardon. “Orses d'ouvre.”
Ci dice che sarà pronto fra pochi secondi. Poi accende le luci nella stanza da pranzo e ci fa accomodare a tavola. I posti sono assegnati. Ognuno con il segnaposto con il proprio nome. Sul tavolo davanti a me un foglio di carta del tipo usato dai fruttivendoli. Piegata e sigillata con la ceralacca. Con sopra scritto: “Festa per il compleanno del caro amico Giugiù”. Mi invita ad aprirlo e leggerlo. All'interno da un lato c'è scritto “Amabili ospiti”, dall'altro “Menù”. Io sto per leggere direttamente il menù. “Prima leggi l'altra pagina” ordina il principe. Ed io leggo:

“Amabili ospiti”
Giugiù l'orso bianco,
Filippo l'amico del cuore,
Pyccy soprano,
Diego detto Dino,
Franca moglie di lui,
Eusebio (?) papà di Serafina (?),
Zita di lui,
Sandra negoziante di classe,
Stefania la rossa,
Nizar il principe anfitrione.


Vini:
Dolcetto del Monferrato 2009;
Lacryma Christi del Vesuvio 2009;
Terre di Franciacorta 2005”

“Aspetta” mi fa il principe. “Devi leggere solo l'orses d'ouvre”. Non ho mai avuto grande conoscenza del francese. Tenete presente che durante la lettura la mia pronuncia storpia tutte le parole francesi. Parole accompagnate da ripetuti scuotimenti di testa da parte dell'anfitrione.

“Orses d'ouvre:
omelette aux fines erbes,
insalata pantesca,
falafeles di lenticche,
composeè de pommes de terre”

La cosa che più mi ha colpito è stata quella che dal nome mi sembrava fosse un cibo scialbo. Composeè de pomme de terre. Una purea di patate con cipollina e pesce. Inutile chiedere. Al massimo elenca gli alimenti principali: patate, tonno e tante altre cose. Punto.

“Ruvidelli alla norcina”
condimento, sempre risalendoci a gusto, tartufi, panna, burro, parmigiano. Deliziosi.
“Sauçissons de poulet à l'indienne avec courgettes troufflès”.
Taduzione molto volgare, wurstel di pollo tagliati a rondelle fatti saltare con degli aromi (curry ma anche altro, ma anche pesto, chi lo saprà mai?).
“Salade de saison”
per pulirsi la bocca. In modo da potersela nuovamente “sporcare” con il dessert:
“Cuddureddi di lisciannira”
una specie di piccoli buccellati. Serviti insieme a degli sbalorditivi cioccolattini. Fatti da Sandra e Pyccy (come scrive il principe). Soprattutto quelli al caffè. Mmm...
Poi tutto sembra finire troppo presto.
Il principe suona qualcosa al pianoforte, ma siamo tutti storditi dal cibo.
Lasciare la casa del principe è sempre un'uscita da una sospensione della realtà. Un ritorno alla vita di tutti giorni. Un brusco risveglio. A sessant'anni suonati.

martedì 6 dicembre 2011

Oggi pesce




Con il pescivendolo della piazza scambio spesso quattro chiacchere. Di solito è lui a provocare la discussione. Parliamo di politica, lui sempre un passo indietro. Prima pro Berlusconi ed io contro, ora mi parla male della stessa persona mentre gli accenno all'attuale governo. Alle volte i racconti personali si intrecciano con la discussione precedente. Prendono il sopravvento. Sono la parte più interessante del tempo trascorso a parlare. Vengono fuori ricette, istantanee di una famiglia, aneddoti divertenti ma anche tristi. Ci si racconta.
Oggi siamo partiti al solito prendendola alla lontana. Monti e la sua manovra ladrona. Anche lui convinto che ci stanno livellando tutti allo stesso stato di povertà, lasciando arricchire una massa di banditi. Si parla dei tempi di grama. Si accenna al passato. Gli racconto delle mie mutande fatte con le camicie dismesse di mio padre. Mia madre raccoglieva quelle più vecchie. Seguendo i consigli di una vicina ne tirava fuori degli slip per noi bambini. Non per mia sorella. Solo per me e mio fratello. Che non erano il massimo l'abbiamo capito dopo. Si risparmiava qualcosae questo era importante.
“Non ti buttare così per terra” mi dice il pescivendolo dandomi una leggera spinta alla spalla destra. Gli dico che quella era la mia realtà. Famiglia di operaio. Dove i soldi erano sudati e pochi. Si risparmiava su tutto. Lui rimane incredulo, ha sempre indossato intimo di marca.
Lo sconto sul prezzo del pesce comunque alla fine è minore di quello che vorrebbe farmi credere.

lunedì 5 dicembre 2011

Perchè la nascita è pianto



E' morto zù Carlo. Era un ciabattino, quando ancora le scarpe si riparavano. Aveva casa e bottega nello stesso locale. Poi diventò solo casa. Silenzioso passava le giornate davanti un televisore al plasma. Seduto sulla sedia a rotelle. La mattina alcuni nipoti, quelli veri, lo alzavano dal letto e lo sistemavano sulla sedia. Pronto a vedersi tutte le De Filippi della giornata. La sera facevano l'operazione opposta. Che pensione pensate potesse avere? Lui arrotondava vendendo stecchette di fumo. Dieci euro a stecchetta. Di quello scarso. Soprattutto nei fine settimana aveva un bel via vai. Aveva ottantasei anni e per una caduta è morto. Il terrore di finire in ospedale lo fece restare in silenzio. Fino a morirne.
Non so se ne fosse cosciente. Mi piace pensare di sì.
Poi lui esposto dentro la bara. Appena fuori la porta a destra un tavolo con la tovaglia a quadrettoni rossi e bianchi, a sinistra i tanti mazzi di fiori portati dai parenti. Sul tavolo pezzi di rosticceria e chinotto.
Più in là in piazza la solita festa del fine settimana.
La mattina del funerale i ragazzi del quartiere in onore di zio Carlo fanno esplodere diversi “botti”.
Uno dei nipoti al bar orgoglioso si vantava della festa fatta al morto. Perchè la nascita è pianto, la morte una liberazione.

domenica 20 novembre 2011

Paesaggi Urbani: Un altro S.Martino




La nebbia qui non arriva
e la pioggia è rara,
sotto il maestrale
bottiglie di plastica ci sputa il mar;

ma per le vie del centro
dal tintinnio delle forst
e l'aspro odor di piscio
vanno l'anime a mortificar.

Gira sulla griglia accesa
le stigghiola scoppiettati:
e sta l'oste fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le cupe nubi
stormi di gabbiani urlanti,
com'esuli pensieri,
in testa ti vanno a cagar

venerdì 28 ottobre 2011

Legalità e dintorni






- Ci rinuncio
- Ma chi t'aspittavi?
- Dopo che ne ho parlato. Uno mi dice che, effettivamente, c'è stato un leggero disservizio. L'altro, con tono abbastanza duro, mi dice che ho scritto cose false e che nel prezzo erano comprese anche due birre.
- E u scontrino?
- Dimenticanza. Mi dice che ha dimenticato di farlo. Faccio presente che è stato notata anche da altre persone... questa dimenticanza.
- E iddu?
- Sostiene che loro staccano sempre lo scontrino e che vado dicendo falsità. Gli ricordo che tutte le volte che sono stato da loro non ho mai ricevuto scontrino.
- Puru tu però, picchì ni parrasti sulu uora?
- Se Attila non avesse fatto quel discorso sull'illegalità alla quale portavo soldi, io non ci avrei nemmeno fatto caso allo scontrino. Non puoi sviarmi con la scusa della legalità e poi dimostrarmi che nello stesso tempo te ne fotti.
- Miii! Mi staiu scialannu.
- Gli ho detto che con me non deve più parlare di politica, perchè appena lo fa gli sputo in faccia.
- Minchia! Cci dicisti accussì?
- Sì, possiamo parlare di minchiate, ma non di politica. Non posso considerare delle persone che predicano una cosa e poi fanno il contrario. Perlomeno stai zitto. Preferisco Tanino. Sai che è abusivo e che non ti darà lo scontrino. Ma ti fa un panino con porchetta che è una meraviglia. E non ti fa il predicozzo su cosa sia giusto o sbagliato. Tanino è il disagio diventato imprenditore. Loro sono imprenditori del disagio.
- Chista d'unni ta niscisti?
- Imprenditori del disagio? Non me la sono inventata io. Risale a diversi anni fa quando gestivano un altro pub. Non ricordo chi me lo disse la prima volta.
- E comu finiu?
- Ho la sensazione che non si farà più vedere. Ha preso i giornali, mi ha chiesto il conto, ha pagato e se ne è andato.
- E tu u scontrinu ciù rasti?
- La mia attività non prevede lo scontrino perchè l'IVA è assolta alla fonte.





PS
La consumazione era composta da due piatti di porchetta con patate al forno e due birre da 33cl. Niente pane.
Pagato 15,00 euro.
Secondo voi questa precisazione serve a qualcosa? Cambia qualcosa in quello che ho scritto? Secondo qualcuno sì. Eccolo accontentato.

giovedì 20 ottobre 2011

Ti sfuocherò: 4




Un dare di carta
messaggio in bottiglia
a forma di barca
Mi sono stimato
non essere acqua
e il tuo segnale
di andare mi arriva chiaro
ma levando quale ancora
mi indichi di salpare?

mercoledì 19 ottobre 2011

Ti sfuocherò: 3




Non si può amare
e vincere sempre
nel nostro espanderci
bisogna includervi
anche le fitte dolorose
che trapassano il petto
o
questa sera

martedì 18 ottobre 2011

Ti sfuocherò: 2




Ogni pagina bianca
è un buon inizio
Ogni segno tracciato
è un ottimo indizio
Quando si naviga nel nulla
ogni buona azione
può diventare un vizio

lunedì 17 ottobre 2011

Ti sfuocherò: 1




Inseguo speranze
per non andarmene
Miro a delle mete
per non smarrirmi
Aggiungo alle vostre
le mie illusioni
cercando espedienti
opportuni a farmi uscire
da questa casa in fiamme
Vecchie ferite rimarginate
altre ancora sanguinanti
oggi scruto
per trovarvi rimedio

giovedì 13 ottobre 2011

Amore




Il padre ha una lite con uno dei due figli. Violenta. Con gli occhi fuori dalle orbite punta la lama del coltello verso il collo di uno dei due figli. Minacciandolo "Ti uccido come un animale". "Nooo" gli grida la moglie, e corre verso il marito togliendogli l'arma. "Non lui, l'altro devi uccidere" dice puntando il coltello verso l'altro figlio.
Il resto sono sensi di colpa. Alle volte capita.

sabato 8 ottobre 2011

Non sono indignato




- Non sono indignato. Presupporrebbe ancora una tenuta di stile. Che non ho più. No, io sono incazzato. Semplicemente.
- Ti vedo messo male.
- Guarda è un periodaccio e me ne capitano di tutti i colori.
- Ma svagati esci di casa...
- Ci ho provato fino a ieri sera.
- Sei uscito?
- Sì, con Filippo. Siamo andati in un posto e diciamo ci hanno dato buca.
- E ti incazzi anche per questo?
- Figurati! Questo è solo il prologo.
- Cosa avete fatto?
- Niente, siamo passati dal bar e abbiamo chiaccherato qualche minuto con Attila. Poi stavamo andando via e ci chiede dove andavamo. Gli ho detto che passavamo dalla Vucciria a prenderci un panino: “Bravi, così alimentate l'illegalità e la mafia”.
- Gli dico che con tre euro mi prendo un bel panino con cotoletta. “Se vuoi ti facciamo un panino con porchetta con due euro e cinquanta”
- Ma il panino costa effettivamente tanto o ti faceva lo sconto?
- Non lo so. So che dal panino è passato a proporci un piatto con porchetta e patate al forno. Ok, gli dico. Ci sediamo e aspettiamo quasi venti minuti. Passato questo tempo ci viene servito un piatto con la porchetta tagliata a tocchetti piuttosto grossi. Con contorno di patate al forno. Il tutto a temperatura ambiente.
- Ma mica erano rimasugli di porchetta?
- Alcuni pezzi fra l'altro erano al sangue. Al mio primo sguardo al mio piatto, Filippo mi scrutava aspettandosi una mia reazione. Mentre io mi ero ripromesso di non contestare nulla. Abbiamo mangiato e poi siamo passati alla cassa. Quindici euro.
- Quanto?
- 15 euro. Sai, la legalità ha un costo. Per questo non mi hanno rilasciato lo scontrino.

sabato 1 ottobre 2011

Se un battito d'ali




Se un battito d'ali
causa quello che sapete
perchè una mia incazzatura
produce effetti minimi?

Lei al mattino davanti al bar
aspettava il pulmino della scuola
al quale avrebbe consegnato i due figli
e mi salutava gentilmente

Se una piazza vive nell'illegalità
sotto gli occhi di tutti
perchè una associazione di commercianti
leggitima quella stessa piazza con una festa?

Il fratello diversi mesi fa
aveva aperto durante la notte
il mio negozio tentando un furto
ma lei mi salutava gentilmente

Se una lesbica
è lesbica alle riunioni politiche
perchè non lo è
quando si candida alle elezioni?

La sorella lavorava
presso un parrucchiere
poi fu licenziata
e cadde in depressione

Se i luoghi dove si svillupano idee
sono solo due librerie
tu intellettuale non dovresti
ampliare lo sguardo?

La madre
cosa non si fa per i figli
quando il figlio era in carcere
prendeva le redini della baracca

Se le rivoluzioni si programmano
in orari comodi
forse non sarebbe meglio
una sana masturbazione?

Dei niggeriani non so dirvi
un qualche movimento
di persone che davano nell'occhio
l'avevo notato nei vicoli

Se un arco blu
non può che essere
solamente una scia chimica
non credi questa sia una risposta
triste e scontata?

Non conoscevo altri
dei sessantasette arrestati
per traffico di coca

Non sono soddisfatto
e dico che va alla grande
ho tanti tarli nei miei pensieri
e il veleno cerco di digerirlo
camminando in spazi ampi

Ma Palermo se ne fotte
che importa
se il pusher è cambiato

mercoledì 14 settembre 2011

Paesaggi Urbani: TFR




Mi aiuto come posso. Non ho grandi strumenti, ma vado imparando l'arte di arrangiarmi. Navigando in un mare troppo grande. Alle volte l'ansia mi attacca, allora lego i miei pensieri, li convoglio in qualcosa che mi sollevi. Un libro con un titolo accattivante ritorna spesso nella mia vita. “Se incontri il Buddha per la strada uccidilo” di Sheldon B.Kopp.
In particolare un “Elenco della biancheria”

“1 E' tutto qui
2 Non ci sono significati reconditi.
3 Non puoi arrivarci da qui, e inoltre non c'è alcun posto dove andare.
4 Siamo tutti già moribondi, e saremo morti per molto tempo.
5 Nulla dura per sempre.
6 Non c'è alcun modo per ottenere tutto ciò che si vuole.
7 Non puoi avere nulla a meno che non lasci la presa.
8 Puoi conservare soltanto ciò che dai via.
9 Non c'è alcuna ragione particolare per cui non hai ricevuto alcune cose.
10 Il mondo non è necessariamente giusto. L'essere buoni spesso non viene ricompensato e non c'è alcuna ricompensa per la sventura.
11 Nondimeno hai la responsabilità di fare del tuo meglio.
12 E' un universo causale a cui non apportiamo significato.
13 In realtà non controlli nulla.
14 Non puoi costringere nessuno ad amarti.
15 Nessuno è più forte o più debole di te.
16 Tutti sono, a modo proprio, vulnerabili.
17 Non ci sono grandi uomini.
18 Se hai un eroe, dagli un altro sguardo: in qualche modo hai diminuito te stesso.
19 Tutti mentono, ingannano, fingono (sì, anche tu, e certamente io).
20 Tutto il male costituisce una vitalità potenziale bisognosa di trasformazione.
21 Ogni parte di te ha il suo valore, se solo l'accetti.
22 Il progresso è un'illusione.
23 Il male può essere spostato ma mai cancellato, dal momento che tutte le soluzioni generano nuovi problemi.
24 Tuttavia è necessario continuare a lottare verso una soluzione.
25 L'infanzia è un incubo.
26 Ma è così difficile essere un adulto indipendente, autosufficiente, consapevole di dover badare a se stesso poichè non c'è nessun altro a farlo.
27 Ciascuno di noi è in definitiva solo.
28 Le cose più importanti, ciascun uomo deve farle da sè.
29 L'amore non basta, ma certamente aiuta.
30 Abbiamo soltanto noi stessi, e la fratellanza che ci unisce gli uni agli altri. Forse non è molto, ma non c'è altro.
31 Che strano che tanto spesso, tutto sembri valer la pena.
32 Dobbiamo vivere nell'ambiguità di una libertà parziale, di un potere parziale e di una conoscenza parziale.
33 Tutte le decisioni importanti devono essere prese sulla base di dati insufficienti.
34 Tuttavia siamo tutti responsabili di tutti i nostri atti.
35 Nessuna scusa sarà accettata.
36 Puoi fuggire, ma non puoi nasconderti.
37 E' importantissimo trovarsi senza più capri espiatori.
38 Dobbiamo imparare la forza di vivere con la nostra impotenza.
39 L'unica vittoria importante sta nell'arrendersi a se stessi.
40 Tutte le battaglie significative vengono combattute all'interno del sè.
41 Sei libero di fare qualunque cosa vuoi. Devi soltanto affrontarne le conseguenze.
42 Cosa sai... con sicurezza... ad ogni modo?
43 Impara a perdonare te stesso, più e più e più e più e più volte...”


La scintilla che ha fatto scattare questa nota è una misera storia di un'amicizia finita. L'elenco della biancheria è un atto di compassione dovuto.



P.S.
La risposta ricevuta
"Con la presente per informarLa che il mio assistito non intende accettare la proprosta transattiva come da Lei formulata e che pertanto in difetto di altra soluzione bonaria della controversia dovrò dare corso all'azione legale conformemente al mandato ricevuto.
Distinti saluti"

domenica 4 settembre 2011

113




- Polizia
- Senta abito alla Vucciria, in piazza c'è una festa e la musica è talmente alta che non riesco adormire
- Passo la chiamata ai carabinieri
- ?
- Pronto?
- Senta abito alla Vucciria, in piazza c'è una festa, la musica è talmente alta che non riesco a dormire
- E' una festa pubblica o privata?
- Pubblica, la fanno in piazza
- Hanno le autorizzazioni?
- Guardi, non so se abbiano autorizzazioni o meno. Ma sono le 2:30 e il volume della musica è altissimo.
- Faremo un controllo
-Ho capito, buona notte

Mi sono riaddormentato intorno alle 4:00. Con l'aiuto di alcune goccine. La festa è andata avanti fino alle 7:00.
Vorrei ringraziare pubblicamente le forze dell'ordine che sanno bene quando intervenire. All'efficacia del loro intervento. Ma soprattutto alle domande molto pertinenti che mi hanno fatto

lunedì 11 luglio 2011

Un inatteso invito





Trenta gradi all'ombra. Con tasso alto di umidità. Un inatteso invito a pranzo a casa del Principe.  Lui mi aveva chiamato e lasciato un messaggio vocale dove diceva «Ma perchè non rispondi? Sono il Principe Vincenzo Nizar della Rocca....» e tutto il resto per completare il nome.  Stefi sarà dei nostri e non sta nella pelle. «Non prima delle tredici e cinque» ci fa sapere. Perentorio, detta modi e orari. Ci accoglie con un pareo chiaro e una t-shirt nera. Ci fa accomodare nel salottino in stile arabo. Scambiamo quattro chiacchiere.  Il caldo, i rimedi, i ventagli. Quello catalano, enorme. Quello di sandalo che rilascia, mentre ti sventoli, il suo aroma. In sottofondo, una cantante araba sciorina senza disturbare le sue canzoni.
Si va a tavola. Apre una bottiglia di vino bianco molto fresco. Lo versa e poi chiede di brindare. Il suo brindare è doppio, facendo toccare i bicchieri prima sopra e poi sotto. Stefi brinda in modo classico, ma il Principe la corregge. «De-vi im-pa-ra-re» le dice.
Due olivette nere e del primosale come antipasto. Il piatto forte è uno sformato freddo di macco di fave e pasta con sopra del pesto. Lui sostiene che la ricetta proviene dai Tomasi di Lampedusa, ed era il piatto favorito del famoso Giuseppe autore de “Il Gattopardo”. Non so se sia vero, ma ha importanza? La portata era veramente regale pur essendo fatta con materiale poverissimo. Fave secche, cipolla e pasta di diverso tipo. Inutile naturalmente chiedere la ricetta. Il Principe non dà mai la ricetta. Al massimo ti dice i componenti essenziali. Dando una storia ad ognuno di essi. Le fave non sono fave qualsiasi. Hanno un nome e una provenienza loro. Alle volte sembra che si inventi tutto. Ma non è così. Delle sue pietanza può dirti la storia, mai la ricetta.
Chiudiamo con un limoncello. Non un qualsiasi limoncello industriale però. «Questo è fatto da mia cugina. Ha una coltivazione di limoni, limoni che io mangio come se fossero arance.»
Infine, prima di congedarci, ci racconta la storia di alcune bottiglie di vino della sua cantina. Alcune con già stabilita la data di apertura.
L’ammaliamento del Principe è enorme. E l’afa che ci aspetta fuori non è meno intensa. Dobbiamo fare uno sforzo per lasciare la casa del Principe ed affrontare il caldo torrido.

lunedì 27 giugno 2011

Paesaggi Urbani: Taverna Azzurra





"Ieri ho conosciuto un tizio alla taverna. Fa l'artigiano. Mi ha mostrato degli oggetti fatti da lui e abbiamo cominciato a chiaccherare. Mi dice chiaramente che gli piaccio."
"E tu?"
"Io chiaramente gli ho detto che la cosa non mi interessava. Non so se fosse lui il più ubriaco o io. Ma questo non c'entra. A un certo punto - non chiedermi come - ci siamo ritrovati a casa mia. E questo tizio mi mette le mani addosso. Gli dico di smetterla e lui niente. Sembra un polipo. Allora lo caccio via di casa. E siccome gli avevo dato il sacchetto della spazzatura..."
"Ma scusa, lo cacci via e gli dai la spazzatura da buttare?"
"Seeee, ma mica a iccò. Stu fangu ma lassò dintra u purtuni. Strunzu."
"Sei incredibile. Comunque mi sembra una lezione perfetta."
"'Zo dici?"
"Hai vissuto cosa si prova a stare dall'altra parte."
"A cosa alludi?"
"All'essere molestati."
"Non ho mai molestato nessuno."
"Ricordo una sera. Tu “normalmente” sbronzo che tormentavi Stefi. Le dicevi ”Dammela, dai, dammela. Cosa ti costa?” e intanto cercavi di palpare il suo seno."
"Ma io mi pongo dei limiti."
"Come la risposta data all'amica che difendeva Stefi: “Chi fa, i rugnu a tia ru colpi?”. Continuando a tormentare Stefi fino a che lei è andata a chiudersi in bagno."
"Ma li mi sono fermato, però."
"Sì, perché lei ti ha sbattuto la porta in faccia."
"Non è stato un gesto carino."
"Hai avuto la faccia tosta di dirle da dietro la porta “Ma così mi ferisci”. Dopo che l'hai tormentata per una serata intera."
"Certo che mi ha ferito."
"See, va 'mbriacati. Anzi no, cerca di stare lucido. Il più possibile."

mercoledì 15 giugno 2011

Paesaggi Urbani: Tutti ai margini




Quando è iniziato tutto? Questa discesa agli inferi da dove è partita? Non ci sono soldi. E lo so che è una storia deprimente. Ma va raccontata. Lui si è sempre sbattuto. Tipo effervescente, sempre ottimista. Ha provato diversi lavori. Alcuni di valore, altri di merda. Ma è il lavoro, qualsiasi esso sia, a darti da vivere. Banale, vero? Ma quando arriviamo ai margini, quando il lavoro è quasi fare la questua per altri, far firmare contratti per un'azienda? Pietro si impegna lo stesso. Giacca e camicia più o meno intonati al pantalone. Borsa in mano e sorriso. Ogni giorno a spirale va battendo la città in cerca di una firma per un contratto. Alle volte lo vedevo passare davanti al mio negozio. Aveva sempre una battuta spiritosa. Mi ricordava un vecchio disegno visto in parrocchia da piccolo. Un ragazzino che fischiettava sotto la pioggia mentre andava a scuola. La fotografia di Pietro. Poi magari al bar mentre si sorseggia un caffè mi racconta la remunerazione insufficiente del suo sbattersi. E' in ritardo con l'affito di casa. Una stanza in subaffitto, mica un appartamento.
L'altro giorno è passato. Mi dice che è con le spalle al muro. Deve trovare dei soldi. Sì, che alcuni contratti li ha fatti, ma non molti.
“Ho anche seminato molto, ma avissi a quagghiari. Insisto ancora. Ma nel frattempo mi do allo spaccio”
“Ma dai...”
“No, vero. Solo fumo. Mi hanno detto che è buono.”
“Ma come, lo vendi e non sai nemmeno com'è.”
“Io non fumo. Le canne intendo, non le fumo.”


Mi unisco al poeta che scrisse:
“Ho visto le menti migliori della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate, nude, isteriche...”

“Che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su
imbottiti a fumare nel buio soprannaturale di
soffitte a acqua fredda galleggiando sulle cime
delle città contemplando jazz”
(Urlo di Allen Ginsberg)


E noi, Pietro, non siamo una cattiva luce.

martedì 31 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Negozio chiuso





Un coppia di militari e un carabiniere passano lungo il corso. Pattugliano il quartiere. Per la sicurezza di tutti i cittadini.
 
Due giovani entrano in negozietto di oreficeria. Non sono a viso scoperto. Uno dei due minaccia con un arma il titolare. L'altro arraffa in modo nervoso alcuni oggetti esposti in vetrina. Poca roba. Tren-ta-mila euro! Allontanatisi i due con la refurtiva, il titolare chiama la polizia.
Si presentano in negozio dopo oltre un'ora.
Con naturale incazzatura della vittima.
“Ci descriva le due persone”
“Non saprei che dirle, ho visto solo gli occhi”
“Lo sa che potrebbe essere denunciato per reticenza?”
“Se non l'avesse capito, io sono la vittima. Lei pensa che se li avessi visti non glieli descriverei? Avevano il viso coperto e uno dei due portava pure gli occhiali”

Due militari e un carabiniere passano lungo il corso. Pattugliano il quartiere. Per la sicurezza di tutti i cittadini.

Di solito il sabato chiudeva a mezzogiorno. Quel giorno voleva finire delle riparazioni a degli orecchini, in modo da consegnarli lo stesso giorno. Erano le 13,30 quando chiuse e si avviò verso la macchina. Stava per arrivare al posteggio quando qualcuno, alle sue spalle, lo afferrò per il collo.
Sono in due. Uno tiene bloccato l'artigiano, l'altro gli porta via il borsello e un altro un pacchettino che aveva in mano. Con una spinta lo scaraventato per terra e si danno alla fuga.
Lui mi racconta la disavventura.
“Hai sporto denuncia?”
“No.”
“'nca picchì no?”
“Si facìa a denuncia un ci putìa iri unni avìa a ghiri”
“...”
“Ci ivu a parrari, stamatina mi runanu na risposta”
“E speri che ti trovino qualcosa?”
“Bho? Viremu. Da quannu un c'è Pinu è un casino”
“Ma cu? U frati di...?”
“See, da quando è in carcere succedono queste cose. Il quartiere è allo sbando. Lui riusciva a tenere il quartiere sotto controllo. E un succiria nenti”
“Si, ma guarda che quando hanno aperto il mio negozio lui era piedi piedi”
“Ma no to caso unn'i i pigghiaru?”
“Si, ma lui non c'entrava niente”
“Si unn'i i pigghiavano. iddu ti facia truvari”
“?!”
...
Entra l'orefice e gli racconto della rapina subita dall'artigiano orafo. Un moto di rabbia attraversa il suo corpo. Parlare è difficile. Raccontare altre cose quasi impossibile.
Mi guarda negli occhi.
“Siamo fra di noi, posso parlare...”
Sembra sbilanciarsi ma poi fa marcia indietro e va sul generale.
“Da quando non c'è più qualcuno, il quartiere è terra di nessuno...”
Sembra quasi mordersi la lingua. Ha gli occhi lucidi. Prende il giornale. E si avvia verso la bottega dell'artigiano orafo. Per una solidarietà fra vittime.

Due militari e un carabiniere passano lungo il corso. Pattugliano il quartiere. Per la sicurezza di tutti i cittadini.
Tutto è nella normalità.

sabato 28 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Portone interno




Muto. Chiuso dentro e muto.

martedì 24 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Vucciria




Io sono stato nella città di Zora, dove vive un cane nero e cattivo. C'è anche Killer ma lui non è cattivo e solo scocciato. Pippo affamato d'amore, ma incapace ad amare. Michele che urla perchè è solo. Sergio che sogna e beve per affrontare l'impatto con il reale. E altri con il solo lusso di essere vivi.
In quella stradina, della città di Zora, c'è un angolo buio dove qualcuno a gettato un pezzo di cuore.
U solitu ‘ngrasciatu!

sabato 21 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Cassette



Lui se ne uscì con:
“O fai i soldi, o sono i soldi a farti”

martedì 17 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Mare




Il mare ti aprì la strada
e salpasti fra gladioli e lacrime

sabato 14 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Il Genio





Non più accecato dal miracolo
guardo la vita con paura
o chino piano il capo
cercando rifuggio nel nascondiglio

mercoledì 11 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Fontana




Eppure l'occhio
non sfugge alla tentazione
di fare incetta di dolore

lunedì 9 maggio 2011

Paesaggi Urbani: L'ultima palma




Anche un minuto solo al giorno.
Ma che sia tutto silenzio

sabato 7 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Catena




Fu per me uno scambio d'amore. Una catena meno pesante in cambio della mia. Ma per lui fu solo un affare.

venerdì 6 maggio 2011

Paesaggi Urbani: Rose



Mi facevano portare fiori alla madonnina. Gladioli o garofani. Rose solo nelle grandi occasioni. Io provavo pena per loro, costretti ad appassire davanti un simulacro

mercoledì 4 maggio 2011

giovedì 28 aprile 2011

Occhi di lupo




Erano occhi di lupo
ed io ero caduto
già maturo per il raccolto
come una resa
appena appena amato
Senza abbandono
erano gli occhi di lupo
lì iniziò la morte

mercoledì 2 marzo 2011

Quadri di parole





“Entrano
talora
delle larve
ondeggianti
con gran sussiego
e
andatura solenne
convinte
in cuor loro
di essere
dee”

(Nizar Enzo Piccolo Della Rocca)





In una città umiliata e offesa. Fra munnizza e abbandono. Piccole vite resistono. E in altri, nel suo cuore di sangue siciliano, l'arte si fa strada. Non solo sangue ma anche zibibbo. Dentro una taverna.
Fra artisti affermati, pugili suonati, costruttori di cattedrali di munnizza, bevitori, scivola il Principe. Andandosi a posizionare in fondo al bancone distacco aristocratico. In una delle sue postazioni per osservarci. Per studiarci. Per farci dei quadri. Linee sottili tracciate col bisturi. Parole che scorrono e formano l'immagine, l'essenza della persona. Il Principe osserva dalla sua torre d'avorio, e nel distacco fissa in poche parole un quadro.
La torre d'avorio è in fondo alla Taverna. Sorseggia in silenzio e osserva. Talvolta appunta qualche frase.
Ma ci sono anche quadri intimisti. Di angeli caduti. Di Eden perduti. Sempre con un retrogusto decadente.
Non è facile entrare in possesso dei suoi scritti. Ne è geloso. Ma se riesci a far breccia, un suo librettino te lo concede. Con la copertina colorata. Puo essere azzurra, rosa o verde. A secondo se sei uomo, donna o omosessuale.

lunedì 7 febbraio 2011

Scarpe




Mio padre mi ripeteva che una persona la puoi giudicare dalle scarpe. Che nelle scarpe c'è parte dell'essenza della persona che le porta. Lui teneva ad avere scarpe sempre pulite e lucide e si sforzava di inculcarmi questo rito. Quasi ci andasse di mezzo la propria dignità. Mio padre era operaio, ma fiero di mostrarsi dignitoso per un'altra classe. Io ricordo i miei scarponi invernali con la suola tutta zigrinata. Difficili da tenere puliti e lucidi. Comodi e caldi.
Le scarpe della prima comunione. Lucidissime ed eleganti quanto morsa per i miei piedi. Poi messe da parte per la successiva grande occasione.
Il primo paio da tennis. Quelle in parte telate in parte in simil plastica. Compratemi da mio padre alla Vucciria. Ed io a cercare di evitare le pozzanghere del mercato. Mio padre con un'espressione soddisfatta per l'attenzione che mettevo a non sporcare le scarpe nuove.
Sono scarpe gli infradito? Perche con quelle mi presentai all'esame di licenza media. Rimandato a settembre in ben quattro materie. Lettere, matematica, inglese e perfino in disegno. E il professore di lettere non volle esaminarmi perchè vestito in modo indecente. Vabbè avevo pure i capelli un pochettino lunghi. Il professore di lettere era un fascista. Durante l'anno scolastico più di una volta avevamo avuto infervorate discussioni politiche. Riuscendo a farlo incavolare per un tema dove esaltavo i partigiani e la caduta del fascismo.
Ma stavamo parlarlando di scarpe. Indimenticabili le prime scarpe di plastica. Sembravano normalissime scarpe di cuoio e invece erano di plastica. Comprate durante il mio soggiorno ad Amsterdam all'inizio degli anni settanta. La sofferenza più atroce che un piede possa sopportare. Dopo un paio di settimane ho dovuto buttarle.
Le Timberland le ho avute anche io. Mi erano state regalate. Non so quanto fossero originali. Erano blu. Il difetto era che scolorivano. Per i primi tempi avevo sempre i piedi bluastri. Comodissime e industruttibili. Le mettevo sia con che senza calzini. Mi sono durate quasi tre anni, che per me che distruggo un paio di scarpe l'anno, un evento eccezionale.
Ho sempre desiderato gli stivaletti. Come quelli che portavano i Beatles prima maniera. Ma le condizioni familiari non mi permettevano di chiedere tanto. Forse però mi sono perso solo una tortura.
Di solito ho un solo paio di scarpe. Uno invernale ed uno estivo. Non sempre pulitissime.
Non aveva torto in fondo mio padre.