sabato 23 gennaio 2010

mercoledì 20 gennaio 2010

Una giornata da non dimenticare



Che è successo? Mi hanno svegliato intorno alle 4,30. Al citofono si presentano “Polizia”. Mi vesto e scendo. Hanno aperto il negozio. Due persone. Rompendo la saracinesca e il vetro della porta. Per terra trovo il contenuto di quattro cassetti. Loro sono stati arrestati. Mancano i soldi, l’incasso di diversi giorni. Mi portano in questura per la denuncia. Ho freddo e desidererei un caffè. “Fa parte di Addiopizzo?”. Cerco di spiegare che no, non più. Anche se sono stato fra i primi commercianti ad aderire. Un agente condivide le mie perplessità. Mi restituiscono i soldi rubati. “ Uno dei due li aveva nascosti nelle mutande“.
Mi riaccompagnano in negozio. Ma tutte le macchine della Polizia sono così anguste e scomode?
Raccolgo il contenuto dei cassetti. Trattengo dei lacrimoni. Trovo una vecchia memory card persa. Poi penso Makkox!
Il disegno che mi ha regalato c’è, poi penso all’ultima copia del suo volume esposto dietro la cassa. Mi giro e controllo. Poi mi dico “Minchia, sei un vero coglione!”.
Danni: la saracinesca da riparare ed il vetro da sostituire. Chiamato lo “specialista” mi fa un preventivo di 300.00 euro. Vabbè 250. Danni collaterali: i lamenti di Davide che indicato alla Polizia come tramite per arrivare a casa mia, viene svegliato prima di me. Lui non fece come quel Pietro che nego tre volte. Gli è bastato una volta sola.
I commercianti della zona prima mi chiedono: “Ma cosa c'é da rubare da te?”. Poi mi consolano: “Gente senza dignità, non si fa con persone dello stesso quartiere” (???). Infine insultano “Non hanno le palle, perché se avessero le palle avrebbero scassato un bancomat”.
Intanto lo “specialista” della saracinesca mi sembra un poco imbranato. Mi da appuntamento alle 13:00 per fare il suo lavoro. Sale e scende dalla scala, controlla, scuote la testa. “Ma è sempre stata così dura?”. Risale, riprova, scuote ancora la testa. Tutto questo fino alle 16,30. Quando decide, guardandomi quasi dispiaciuto, che bisogna smontare l'asse e che le molle hanno ceduto e che... Io mentre parla vedo gonfiarsi quei 250 euro e scuoto la testa anche io. Appuntamento al giorno dopo.
Medito su questa giornata: 19/01/10 anniversario della morte di Bettino Craxi. E questo sarebbe nulla, ma c'é chi vorrebbe riabilitare la figura quanto meno ambigua di questo politico. Tentato furto ad Altroquando. Ancora: in mattinata arriva la notizia che la polizia sta sgombrando il Laboratorio Zeta. Quando si dice una giornata di merda.
Angelo e Salvatore sono i nomi dei due signori che intorno alle quattro di notte hanno sentito l'impellente bisogno di farsi un giro all'interno di Altroquando. Sul giornale viene fatta la sintesi dell'accaduto con le loro foto. Il giornale manco mi degna di un minimo di pubblicità e non mi nomina nemmeno. O meglio titola - Polizia. “Furto in un'edicola”, in cella due pregiudicati-
Un cliente leggendo l'articolo e conoscendo i protagonisti mi dice “Io un euro e mezzo in benzina lo investirei. Per poi buttargliela addosso”. “Ma sono poveri cristi” e quello insiste “Non avere pietà, non se la meritano”.
Ad alcuni amici e conoscenti non basta solidarizzare per email o via facebook. Mi vogliono sentire, vogliono farsi sentire, perché di presenza e tutta un'altra cosa.
Io avrei voluto dimenticare questa giornata diventata celebrativa di un ladro e latitante. Poi ripensando alle coincidenze
proporrei il 19 Gennaio come giornata contro i furti di tutti i tipi. Nei piccoli negozi da dei ladri di polli, in una nazione da uno “statista”, in un centro sociale dalla polizia.

martedì 19 gennaio 2010

lunedì 18 gennaio 2010

giovedì 7 gennaio 2010

Di cibo




Dov'è il sapore e l'odore dell'arte?
Di certo nel vedere e assaggiare l'ultima insalata preparata da Gauguin per Van Gogh. Ci sfugge quello che domani per altri sarà storia. Gauguin sosteneva che sapeva quando aveva finito un quadro così come sapeva quando l'insalata era pronta. Non apprezziamo l'arte e il cibo che oggi ci circondano e fuggiamo altrove. Lui fuggì nelle Isole Marchesi. Altri in quello che oggi definiscono i classici. Opere, artisti, cibo. O sultani. La chiamiano ricerca, rivisitizzazione o remake. Ma il latte caldo, appena munto, con la sua naturale schiuma, che bevevo da piccolo. Senza farlo bollire. Direttamente dal recipiente dove era stato munto. Nessun remake, nemmeno biodinamico, avrà più il potere di ritornarmelo. Amen. Ma si continua a mangiare.
Dei tre fratelli sono stato l'unico ad essere allevato con il latte in polvere. Farina di latte residuo dello sbarco americano in Sicilia. E arrivato fino a me. Disturbando il rapporto con il caldo seno di mia madre. Forse per questo successivamente ero affascinato dalle novità dell'industria alimentare. Freddo seno di metallo. Mi incuriosiva quella carne conservata in scatola. Un futurista dell'alimentazione. Industrie dove uomo e macchina diventavano uno. Confezioni da aprire e subito mangiare. Anche senza bisogno di scaldare. Cibo industriale. Disidratato, liofilizzato, condensato, precotto, confezionato in ambienti protetti. La trippa no, mi faceva troppo schifo. Tutta una scoperta, una comodità tutta moderna, una montagna di merda. Merda comoda e veloce. Che lascia un senso di mancanza, di assenza di anima. Sempre.
Sono passato successivamente alla scoperta del naturale, del macrobiotico. Una specie di rinascimento del cibo, una rivalutazione dei classici dando loro un senso e un proprio spirito vitale. Non ancora però a chilometro zero. Macrobiotica, riso integrale, pane fatto in casa con il lievito naturale. E lo yogurt fatto con quella specie di blob che cresceva continuamente. Che regalavi agli amici con un sottofondo di gusto sadico nella diffusione di quell'alieno. La riscoperta della campagna e musica orientale. La stitichezza.
Il cibo è come noi ci poniamo di fronte ad esso. Se siamo spinti da fame, gioco, dovere o lavoro. Aver la possibilità di guardare al cibo in modo diverso dalla necessità non è da tutti. Come non è da tutti giocare nella sua preparazione. Più un piatto è semplice più svela la vera capacità di chi cucina. Anche nel nome. Odio l'abbellimento artificioso di chi chiama chiama “vellutata di crema di patate” un semplice passato di patate.
Mia nonna chiamava insalata qualsiasi tipo di insalata. Comunque. Dalla quella semplice, lattuga olio limone e sale, a quella quasi barocca, con aringa affumicata, fettine sottilissime di limone, scalogno, finocchio e arance.
Adesso ho un approccio molto naif. Cerco lo sguardo da ingenuo, coltivo peperoncini e rosmarino. Adoro i colori forti e contrastanti. Il rosso dei pomodori, il giallo dei limoni, il verde del prezzemolo. Le insalate della nonna. Con le loro infinite varianti.
Chissa quali insalate si inventò Gauguin nelle Isole Marchesi?

lunedì 4 gennaio 2010

Ascoltami




Ma, mi ascolti?