giovedì 22 marzo 2012

Philip K. Dick






Periodicamente ritorna. Ed io ritrovo le coincidenze. Mi sia apre ogni volta una porta sul suo universo. Dove precipito sempre con un senso di mancamento ma senza paura. So ormai districarmi nei labirinti. Mi sono imbattuto spesso in vicoli ciechi. Per maggior sicurezza mi alleno a camminare anche al buio. Bisogna essere allenati e pronti.
Jane, la gemella morta prematuramente, continuò a incidere la sua vita sul fratello vivo. Ma in fondo io non so nulla. Faccio ipotesi. Come se l'avessi conosciuto. Ma non l'ho conosciuto. Conosco di più l'uomo che si rifuggiò in un alto castello. O quello dei giochi a premi. E la donna che faceva vasi di ceramica per dare un senso alle cose. Tutti vissuti nei suoi libri. Di lui ho poche cose. Mai ascoltate ma sempre lette. Come la storia della bottega per animali dove comprava la carne per fame.
Io mi fidavo. Di lui mi fidavo. Come lui si fidò dell'I-ching. E come l'oracolo lui mi lasciò in un mondo in cui i punti cardini e cardinali si erano confusi. Accolsi tutto come un'iniziazione alla sostanza del reale. Al suo essere altro. Lui disse “La vita che viviamo è solo una finzione. Mettitelo in testa. Hanno disegnato questa realtà come più gli faceva comodo: secondo un'alternanza di conflitti violenti, leader mediocri e merci da consumare”.
Aperto gli occhi io sapevo. Io sapevo di essere alieno. Cosciente dell'alienità. Senza alcuna risposta da dare. Stranito dalle strane usanze osservate con grande curiosità. Io di carne come loro. Con la nostalgia di qualcosa smarrito nella memoria.
Chiuso il libro frastornato fissai il soffitto. Non più certo di quello che credevo di sapere.

lunedì 5 marzo 2012

Erano occhi di lupo




Erano occhi di lupo
ed io ero caduto
già maturo per il raccolto
senza una reazione
appena, appena amato
senza abbandono
erano occhi di lupo
lì inizio la morte