domenica 10 agosto 2008

Polpette: parte II


Le ho rifatte le polpete. A casa. Giocando, come sempre, con il cibo. Chiamandole polpette etniche. Inventandomi una ricetta con carne tritata e burghul, con un cuore di soffritto di cipolla peperoncino chiodi di garofano e noce moscata.
Mi piace la noce moscata. Ha qualcosa di vagamente erotico. Per me é legata al ricordo di un sagrestano di una piccola chiesa di corso dei Mille. Lui non aveva nulla di esotico. Palermitano cinquantenne panciuto e calvo. Affabile, sorridente e gentile. Con una noce moscata sempre in tasca. Le sue braccia come una dolce piovra per me bambino. Con tutto lo spazio per allontanarmi e dire di no. Rimanevo seduto sulla sua coscia. Aspettando, rosso in volto, la fine della ricerca compiuta dalle sue mani fra le mie cosce. No, non ricordo il nome. Ma il volto e quegli suoi occhi cerulei sì. Ricordo anche il prete di quella chiesa. Un inutile e mellifluo personaggio con la testa perennemente china. Con quell'odore tipico da prete sempre addosso.
La noce moscata il sagrestano la portava nella tasca sinistra dei pantaloni. Spesso la tirava fuori dalla tasca. La strofinava fra le mani. Poi avvicinandole a coppa al naso aspirava l'odore. La tasca destra era quella bucata. E capitava che invitasse qualche ragazzo a infilarvi la mano. No, non portava le mutande il sagrestano. E sapeva ovunque di noce moscata. Io lo sapevo.
Una delle condizioni nell'uso di questo aroma è di non abusarne. Io non ho abusato nell'uso del sagrestano. Nè della noce moscata nelle mie polpette.
Venute buonissime, tanto che incontrando il Maestro, il giorno dopo, al bar gli accenno alle polpette etniche. Ma ...
- Ma che fai me le racconti? Scrivile Totò! Mandami una email con la ricetta. Trova un cazzo di mezz'ora e la scrivi.
- Sai erano buone, le ho accompagnate con l'hummus fatto pure da me.
- Quando elimini quella gatta da casa tua?
- La mia piccola gattina...
- Seee, io allergicu sugnu. Minchia, mi toglie il respiro e il piacere di assaggiare le polpette
- E tu Mastro non respirare...
- Babbia babbia... e mi raccumannu un scriviri nenti u se...ni viremu... ciao

domenica 3 agosto 2008

Polpette


“- …e io lo dico a papà
- Pino, non è successo nulla, giocavamo…
- Si nulla. Tutto mi hanno raccontato.
-Giocavamo. Eravamo rimasti soli nella camerata e…
-Seee fra masculi… a due a due sullo stesso letto…
-Si giocava…era tutta una finta…
- Va bene, era una finta. Oggi ci sono le polpette. Le tue le voglio io. O racconto tutto a papà.
-Ma le polpette sono le cose migliori che fanno qui.
-Lo so. E so pure quello che è successo questa notte. Quello, che tu chiama “una finta”. Lo posso raccontare allora?
- E va bene, ma almeno una me la lasci?
- No.
- ...
- ...e non finisce con quattro polpette.”


- Maestro, queste poche righe sono riuscito a tirare fuori. Io sono per i temini, due paginette scarne...
- No Totò, sei pigro. Hai paura del foglio bianco... come per le donne...
- Tu sei fissato. Bisognerebbe avere un progetto, un idea...no, no.
- Hai tutto quello che ti serve. Hai delle particolarità. Sei omosessuale, abiti nel centro storico, conosci diverse persone... Hai tutto
- Non saprei da dove iniziare, cosa raccontare soprattutto.
- Devi solo metterti davanti quella fottuttissima pagina bianca e iniziare. La verità è che sei pigro. Celine...
- Si va be', Celine. Celine che scriveva malgrado questo e quello... ma io non sono Celine. Poi, per me è un gioco. Nulla, e null'altro, se non un gioco. E si gioca pi priu, mica per dovere. Si c'è priu si va avanti, altrimenti... Non è che vivo di questo...
- Minchia sei l'uomo delle scuse. Tutte le conosce... una volta é depresso, poi un ci trova priu... ma finiscila.

No qui mi devo fermare. Ci starebbe una scarica di quella sana e buona violenza di cui non sono capace. Quella che reprimo. Ma una bella scarica di boffe sarebbe stata un ottimo contrappunto.


- Maestro, non vuoi ascoltare. Mi sento prosciugato, spento...
- Cazzo, Totò, che rabbia! Mi innervosisci. Hai la fortuna di conoscere una persona che una volta si presenta con i baffi e un'altra volta come Elvira. Hai il carico di un viaggio. Con emozioni a minchia china. Mettici che hai parlato con Cristo, che hai incontrato Bacon. I Radiohead... e vabbè, anche un marginale incontro con...
- Ma scusa, usali tu.
- Non sono nelle mie corde.

Oggi si mangia al Vecchio Club. E chiedo a Benni le polpette. Mi voglio consolare. Una specie di rivincita contro quell'angheria subita da piccolo.
Sicuramente le polpette della colonia estiva erano più buone. Almeno nel ricordo. Ma su queste di oggi non gravano pretese non gradite. Benni ci porta due panini. Uno per il Maestro e uno per me. Nel mio manca u cozzu. La parte finale del panino. Anche il Maestro lo nota. Ci scambiamo uno sguardo. Una frazione di secondo, e ho visto uno sprazzo di umana compassione.