mercoledì 14 dicembre 2011

Festa per il compleanno del caro amico Giugiù




Ci incontrammo giorni fa in taverna. Lui, il principe, al suo solito posto. Mentre sorseggiavamo qualcosa, si chiacchierava del più e del meno. Gli dissi che avrei compiuto sessanta anni dopo pochi giorni. Lui si offrì di preparare una cena per la sera del compleanno. Il giorno dopo venne con la lista di amici da invitare. Il menù che aveva già in testa non me lo disse. In nove. Saremmo stati in nove. Quando il principe organizza una cena si fa a gara per farsi invitare a gustare le sue pietanze. E la Rossa? La Rossa era rimasta fuori. Ma come gli chiesi, la Rossa resta fuori? “Ma non è la fidanzata di Eusebio?”. A parte il fatto che il nostro amico non si chiama Eusebio, anche se adesso tutti lo chiamiamo così. Soprattutto la Rossa non è la sua fidanzata. Il principe ha una certa resistenza ad inserire un'altra persona. Perché sostiene di aver già apparecchiato. Anche se il giorno del compleanno sarebbe stato due giorni dopo. Alla fine vince il fascino della Rossa. Invitata. In dieci. Saremo in dieci.
L'appuntamento è a casa sua alle 20,43. Non e 45 o 30. No, 43.
Siamo tutti puntuali sotto il portone. Si suona. Fa sempre aspettare un poco prima di rispondere. Poi finalmente un “Siiì?”. Al mio: “Salvatore” apre il portone.
Ci fa accomodare nel salotto. La tavola è già apparecchiata con gli antipasti. Pardon. “Orses d'ouvre.”
Ci dice che sarà pronto fra pochi secondi. Poi accende le luci nella stanza da pranzo e ci fa accomodare a tavola. I posti sono assegnati. Ognuno con il segnaposto con il proprio nome. Sul tavolo davanti a me un foglio di carta del tipo usato dai fruttivendoli. Piegata e sigillata con la ceralacca. Con sopra scritto: “Festa per il compleanno del caro amico Giugiù”. Mi invita ad aprirlo e leggerlo. All'interno da un lato c'è scritto “Amabili ospiti”, dall'altro “Menù”. Io sto per leggere direttamente il menù. “Prima leggi l'altra pagina” ordina il principe. Ed io leggo:

“Amabili ospiti”
Giugiù l'orso bianco,
Filippo l'amico del cuore,
Pyccy soprano,
Diego detto Dino,
Franca moglie di lui,
Eusebio (?) papà di Serafina (?),
Zita di lui,
Sandra negoziante di classe,
Stefania la rossa,
Nizar il principe anfitrione.


Vini:
Dolcetto del Monferrato 2009;
Lacryma Christi del Vesuvio 2009;
Terre di Franciacorta 2005”

“Aspetta” mi fa il principe. “Devi leggere solo l'orses d'ouvre”. Non ho mai avuto grande conoscenza del francese. Tenete presente che durante la lettura la mia pronuncia storpia tutte le parole francesi. Parole accompagnate da ripetuti scuotimenti di testa da parte dell'anfitrione.

“Orses d'ouvre:
omelette aux fines erbes,
insalata pantesca,
falafeles di lenticche,
composeè de pommes de terre”

La cosa che più mi ha colpito è stata quella che dal nome mi sembrava fosse un cibo scialbo. Composeè de pomme de terre. Una purea di patate con cipollina e pesce. Inutile chiedere. Al massimo elenca gli alimenti principali: patate, tonno e tante altre cose. Punto.

“Ruvidelli alla norcina”
condimento, sempre risalendoci a gusto, tartufi, panna, burro, parmigiano. Deliziosi.
“Sauçissons de poulet à l'indienne avec courgettes troufflès”.
Taduzione molto volgare, wurstel di pollo tagliati a rondelle fatti saltare con degli aromi (curry ma anche altro, ma anche pesto, chi lo saprà mai?).
“Salade de saison”
per pulirsi la bocca. In modo da potersela nuovamente “sporcare” con il dessert:
“Cuddureddi di lisciannira”
una specie di piccoli buccellati. Serviti insieme a degli sbalorditivi cioccolattini. Fatti da Sandra e Pyccy (come scrive il principe). Soprattutto quelli al caffè. Mmm...
Poi tutto sembra finire troppo presto.
Il principe suona qualcosa al pianoforte, ma siamo tutti storditi dal cibo.
Lasciare la casa del principe è sempre un'uscita da una sospensione della realtà. Un ritorno alla vita di tutti giorni. Un brusco risveglio. A sessant'anni suonati.

martedì 6 dicembre 2011

Oggi pesce




Con il pescivendolo della piazza scambio spesso quattro chiacchere. Di solito è lui a provocare la discussione. Parliamo di politica, lui sempre un passo indietro. Prima pro Berlusconi ed io contro, ora mi parla male della stessa persona mentre gli accenno all'attuale governo. Alle volte i racconti personali si intrecciano con la discussione precedente. Prendono il sopravvento. Sono la parte più interessante del tempo trascorso a parlare. Vengono fuori ricette, istantanee di una famiglia, aneddoti divertenti ma anche tristi. Ci si racconta.
Oggi siamo partiti al solito prendendola alla lontana. Monti e la sua manovra ladrona. Anche lui convinto che ci stanno livellando tutti allo stesso stato di povertà, lasciando arricchire una massa di banditi. Si parla dei tempi di grama. Si accenna al passato. Gli racconto delle mie mutande fatte con le camicie dismesse di mio padre. Mia madre raccoglieva quelle più vecchie. Seguendo i consigli di una vicina ne tirava fuori degli slip per noi bambini. Non per mia sorella. Solo per me e mio fratello. Che non erano il massimo l'abbiamo capito dopo. Si risparmiava qualcosae questo era importante.
“Non ti buttare così per terra” mi dice il pescivendolo dandomi una leggera spinta alla spalla destra. Gli dico che quella era la mia realtà. Famiglia di operaio. Dove i soldi erano sudati e pochi. Si risparmiava su tutto. Lui rimane incredulo, ha sempre indossato intimo di marca.
Lo sconto sul prezzo del pesce comunque alla fine è minore di quello che vorrebbe farmi credere.

lunedì 5 dicembre 2011

Perchè la nascita è pianto



E' morto zù Carlo. Era un ciabattino, quando ancora le scarpe si riparavano. Aveva casa e bottega nello stesso locale. Poi diventò solo casa. Silenzioso passava le giornate davanti un televisore al plasma. Seduto sulla sedia a rotelle. La mattina alcuni nipoti, quelli veri, lo alzavano dal letto e lo sistemavano sulla sedia. Pronto a vedersi tutte le De Filippi della giornata. La sera facevano l'operazione opposta. Che pensione pensate potesse avere? Lui arrotondava vendendo stecchette di fumo. Dieci euro a stecchetta. Di quello scarso. Soprattutto nei fine settimana aveva un bel via vai. Aveva ottantasei anni e per una caduta è morto. Il terrore di finire in ospedale lo fece restare in silenzio. Fino a morirne.
Non so se ne fosse cosciente. Mi piace pensare di sì.
Poi lui esposto dentro la bara. Appena fuori la porta a destra un tavolo con la tovaglia a quadrettoni rossi e bianchi, a sinistra i tanti mazzi di fiori portati dai parenti. Sul tavolo pezzi di rosticceria e chinotto.
Più in là in piazza la solita festa del fine settimana.
La mattina del funerale i ragazzi del quartiere in onore di zio Carlo fanno esplodere diversi “botti”.
Uno dei nipoti al bar orgoglioso si vantava della festa fatta al morto. Perchè la nascita è pianto, la morte una liberazione.