lunedì 31 dicembre 2007

I Maestri del colore: Friedrich


Uomo e donna in contemplazione della luna” (particolare) opera di Caspar David Friedrich (1774-1840)

venerdì 28 dicembre 2007

Babbo Natale non porta carbone


Hanno traumatizzato Babbo Natale. Ho cercato di avvertirlo. Nell'aria c'era sentore di punizione per Carletto. Pensavo avesse capito la dritta che gli avevo dato. Mi aveva pure risposto: “Babbo Natale non porta carbone”. Fra un boccone e l'altro mentre cenavamo.
Vero è che lui era già arrivato nervoso. Tutto un brontolare e sbattere. E nulla che andasse bene. Neanche il cappello del costume. Troppo stretto, troppo stretto. Maledicendo la “lavandaia” che non gli aveva procurato un cappello nuovo e più grande.
Nemmeno quando gli fu consegnato il cappello finalmente più grande riuscì a calmarsi. Questa la premessa.
Giunta l'ora prestabilita comincia a indossare il costume rosso. Guardandosi allo specchio e brontolando. Chinando la testa una volta a destra e una a sinistra. Brontolando.
Manca la cintura. Proviamo a sostituirla con una sciarpa rossa, niente non va. Senza cintura. Davanti alla porta mi fa un segno di saluto e se ne va.
Mi verso qualcosa da bere e mi rilasso in attesa del suo ritorno.
Torna con il classico panettone donatogli. Lo sbatte sul tavolo e mi dice: “Mi hanno usato”. E comincia a raccontare: mi hanno usato capisci? hanno rovinato il Natale e tradito lo spirito di Babbo Natale che non porta carbone la befana porta il carbone non babbo natale come si fa? appena entrato mi hanno messo in mano un sacchetto che ho scoperto dopo vedendo Carletto scappare e rifiutarlo era carbone un sacchetto di carbone da consegnare a Carletto gli hanno rovinato il Natale non si fa così non si fa così ma come si può? mi hanno usato e volevano pure che dicessi a tutta la famiglia che il fratellino più piccolo è il più bravo ma io ho afferrato il panettone e ho augurato a tutti Buon Natale e me ne sono andato sono veramente fuori di me.
Tutto detto quasi senza tirare fiato. Con una faccia visibilmente esterefatta. Aprii la confezione del panettone. Gliene porsi una fetta con un biccherino di Marsala. Si sedette sul divano e iniziò a mangiare. Non facendo caso alle briciole che andava seminando. Intervallando ogni tanto con un “Babbo Natale non porta carbone”.
Se lo dice lui ci si può credere. Ma la verità è che ogni anno questa storia gli ha rotto. Ne farebbe volentieri a meno. Stare sveglio fino a tardi per portare degli stupidi regali ad altrettanti arroganti mocciosi. Prigioniero di una tradizione che non sopporta fin dall'inizio. Babbo Natale non ne può pìù. Capitelo, è un incarico stressante.
Ho controllato. Il costume lo ha riposto con cura nello stesso sacchetto dell'anno scorso. Adesso basta lasciarlo un pò in pace.
Credo che fra un anno lo rifarà. Malvolentieri ma lo rifarà. Lui è buono, non può non esserlo. Dopo tutto è sempre Babbo Natale.

venerdì 21 dicembre 2007

I Maestri del colore: Fragonard

L'amante incoronato” (particolare) opera di Jean Honoré Fragonard (1732-1806)

mercoledì 19 dicembre 2007

La vanità di una fettina di zenzero


Brividi per una notte. Non riuscire ad associarli alla febbre. Il giorno dopo al lavoro ancora brividi, fino alla decisione di buttare la spugna e andarmene a casa. La consapevolezza della febbre. A letto vengo assalito da deliri e pensieri ossessivi. Qualcosa che avrei dovuto fare e che non capivo. Poi di nuovo e di nuovo. Non trovare la posizione comoda a letto. I muscoli a pezzi. Ognuno di loro manda il suo segnale di dolore. Quelle pillole funzionano e sudo tutto il letto, penso che potrei disidratarmi. Bevo per dovere e paura. Dal delirio, e questo ne fa parte, nasce di tutto. L'occhio dell'universo con quella scintilla sfuggente. Guardato direttamente e staccato dal corpo lo attraverso. Lì ho visto un tizio che diceva avrebbe voluto avere le palle di un papa in mano per estorcergli una qualche verità. Il sudore inumidisce tutto, un piccolo sollievo è un angolino asciutto. Tre magliette cambiate, fra brividi e tremori. Quattro le cose di cui prendere nota. Ripetute fino alla noia. Avrei bevuto come un cammello, ma già dopo un bicchiere d'acqua mi sentivo nauseato. Il mio pene che si ritirava a dimensioni ridicole. Nausea solo a sentire parlare di cibo.Poi finalmente cessa la febbre. Debilitato ma fresco. Prima notte con lenzuole pulite. Goduria. Comincio a leggere “Neven” di Joe Sacco. Chiudo gli occhi e non ho sonno.Via con la luce che ti scoppia dietro le palpebre. Guizzi caleidoscopici. Guardi dove sembra ci sia un luce simile ad una stella e da lì si diramano altre luci più o meno colorate. Poi il gioco, muovendo gli occhi posso modellare le forme. Pennellate nel buio. E poi basta, voglio dormire. Il suono prolungato di un clacson proveniente da fuori mi scuote. Voglio dormire! Cazzo però se è prolungato. Poi rumori sordi e qualcuno che si lamenta. Il clacson comincia a perdere intesità fino a cessare. Urli di Peppuccio ad allietare la nottata. Non resta che alzarmi e farmi una tisana. La gatta mi guarda perplessa con i suoi occhi spalancati. Mi piacerebbe sentire la sua versione. L'acqua bolle.
Passiflora, melissa, tiglio e la vanità di una fettina di zenzero.





sabato 8 dicembre 2007

Nessuno è venuto a trovarci

Nessuno è venuto a trovarci
e tanto meno a salvarci
che poi non ce n'era bisogno
Per paura e sbigottimento
chinato il capo
sognato e creato
Il cuore si voleva alleviare
le mani non far sudare
giusto una bugia
creando speranza
La sofferenza del fardello
china
a volte spezza
schiene dritte
Una pietra al giorno
fa tenere lo sguardo basso
dimenticando le stelle
Poi tutto si è perso
dentro un incubo
preso per vero
qualcuno è venuto a trovarci
e salvarci
Sono io
carne e paura
a tenere il segreto della bugia
che ti può alleviare il sentiero
Dio è un passamano
in una strada in salita
Nessuno è venuto a trovarci
e tanto meno a salvarci
eravamo solo un pò
storditi e impauriti

venerdì 30 novembre 2007

I Maestri del colore: Fouquet

Guillaume Jouvenel des Ursins” opera di Jean Fouquet (1420-1480)

venerdì 23 novembre 2007

Peppuccio e Killer

Peppuccio non è solo. Ha un cane che chiama Killer. Un fratello gemello di nome Filippo, che in verità non esiste. Ha anche un figlio, che esiste, ma si trattano poco. Peppuccio vive più in strada, insieme a Killer, che a casa. E vedendo la casa non è difficile da comprendere. Sempre in giro fino a notte inoltrata. Odia il lavoro tanto quanto ama la birra. E se in mano non ha una Forst, nel sacchetto che si porta dietro c'è una bottiglia di vino. Millanta lavori poco credibili, come agente immobiliario, dilungandosi su vendite di case con guadagni incredibili. Ogni tanto, ovunque si trovi, emette il suo richiamo. Un raschiamento di gola prolungato. Parla da solo mentre cammina. Un discorso fatto di frasi smozzicate e movimenti delle mani. Mani giunte, che coprono il volto, che si poggiano sul petto. Peppuccio è mentitore, per piacere di ingannare, anche quando si scusa.
Assunto a ruolo di babau da una madre che minaccia i propri bambini con il suo nome. “S'un ti manci a pasta, chiamu a Peppuccio”. Naturalmente a lui diverte essere diventato lo spauracchio per quei bimbi. Al solo vederlo passare corrono a nascondersi. Quando lui se ne accorge lancia contro di loro un paio dei suoi richiami. I bambini terrorizati vanno a rifugiarsi a casa.
Con gli amici della taverna condivide la birra. O riuscire portare a termine la rasatura, fatta davanti la taverna Azzurra da una ragazza, con in corpo più birra che sangue, che doveva provare il rasoio elettrico appena comprato dal cinese sulla testa di Peppuccio.
A casa, barcollando, ci torna tardi, ma sempre dopo una qualsiasi festa in piazza. Alle volte con qualche livido o ferita, causati più dalle cadute accidentali che da risse, come lui racconta.
Killer, al rientro, gli cammina ad un paio di metri di distanza. Stanco di sentirgli raccontare minchiate anche su di lui, di sentirsi aizzare come una bestia feroce mentre tranquillamente si spulcia. Killer è paziente, accettando, qualche volta, anche di essere scacciato. Lui fa finta di andarsene e poi ritorna. E dopo averlo seguito ovunque, tutto il giorno, la notte dorme per strada davanti l'entrata di casa di Peppuccio.

Killer e Peppuccio non sono infelici.

martedì 20 novembre 2007

I Maestri del colore: Fattori

Lo Staffato” opera del 1879 di Giovanni Fattori (1825-1908)

domenica 18 novembre 2007

Fortezze

Dentro
polvere e sangue
dopo i giochi di guerra
e ferite vere
da leccare


Si appresta ancora
un altro giorno
uno in più da contare
la visiera abbassata
per evitare
che gli occhi godano del vento


I santi
eccentrici esibizionisti
si aggirano
accumulando prodigi
chiudendo usci
offrendo protezione


Fuori
corpi inermi
ingenui e abbandonati
pronti a rischiare
con porte
senza mai chiavi
per dare senso alle parole

martedì 13 novembre 2007

Fine corsa

Ultimi sprazzi di tempesta
poi tutto come prima
pronti a dimenticare
I lividi dell'anima
cambiano colore lentamente
e vanno conservati
come dolci ricordi
Ormai quasi lieve
la pioggia si posa sul letto
per molti
pulizia è fatta
Complice la brezza fredda
che dal balcone arriva fino a noi
chiedo il tuo calore
in cambio del perdono

lunedì 12 novembre 2007

Ninna nanna

Le domande
fiori
che nascono
per portarti frutti
Gli ostacoli
posti
per metterti alla prova
Dolce o acidulo
saluta il frutto
del tuo percorso
Non c'è bene
se male non hai già fatto
Rileggi i tarocchi
lo vedi
il camion è passato
ed io sono ancora qui
accanto a te
ferito e perso
con te che mi guardi indagatore
e non mi dici più nulla
Il coniglio non vede l'ora
di fare la sua fine
e tu sfuggi
Salti di palo in frasca
la storia la conosco
so il finale
ma tu lo ritardi
Questa notte
pensi davvero di passarla liscia?

venerdì 9 novembre 2007

Rissa in Galleria

In galleria la rissa inizia
osservi, al bordo, tremante
le urla e le botte
era questo che ti aspettavi?
era questa quello che andavi cercando?
era questo che volevi?
passa la mano per questo giro
non sempre le carte sono buone
credi ancora in ciò che ti aspettavi?
credi in quello che andavi cercando?
Essere vittima o carnefice?
porgi la mano
decidi ora
prima che tutto passi.


La rissa infuria
tu impietrito
osservi la velocità
delle urla e delle botte
Stanco di aspettare, cercare e volere
accetti la sfida
Questa sera ancora vivo
cedi la chiave
il cuore ama essere libero
e tu hai paura
In galleria una folata di vento
cancella le urla
ma non i segni delle botte

...

mercoledì 7 novembre 2007

Luciano Massimo Consoli


Fra noi bastava un abbraccio e ci si diceva un mare di cose.
Ora la comunicazione è stata interrotta e sei andato via.
Ho pregato per te come tu alla fine facevi.
Della morale comune mi rimangono dei residui
che alle volte affiorano come rutti
nei momenti meno opportuni.
E so che ne saresti stato orgoglioso.
Volevo salutarti per l'ultima volta.
Ciao Massimo.







Disorientamento

Quando i giorni ti inseguono.
Quando il fiume è in piena.
Quando non sai cos’è quel peso sul petto.
E la bussola non indica più il nord.
La mano, la mia mano, ferma a mezz’aria,
e il saluto non sai se è un addio.
Confuso asciugo una lacrima, sfuggita malgrado il controllo.
Scaccio via l’immagine che porta dolore.
E ti scrivo.
Certo che capirai.

lunedì 22 ottobre 2007

I Maestri del colore: Duchamp

Macinatrice di cioccolato” oper del 1914 di Marcel Duchamp(1887-1968).

lunedì 8 ottobre 2007

Sti cazzi


"Succede che un giorno, Marco appassionato di grafica e della rete, si trova davanti un disegno e due autori. Un referenziato grafico giapponese e un siciliano. A lui non sfugge niente, capisce subito che qualcosa non va, anche il suo senso di giustizia e di verità sussulta e decide di smascherare il colpevole. E cosa fa? Butta in aria una moneta no, consulta i tarocchi o un chiromante, niente di tutto questo, si affida alla sua logica deduttiva.
Uno è un referenziato giapponese, l'altro è siciliano, non c'è dubbio il ladro è il secondo. Il caso è risolto. Lui stesso resta meravigliato per il poco tempo impiegato a risolverlo. Con l'orgoglio e la sicurezza, di chi sa di possedere la verità , si mette alla tastiera , ansioso di comunicare a tutti che Salvo Gurgone (chi scrive) è un usurpatore di immagini. Sti cazzi : il termine è appropiato, visto che è anche il soggetto del disegno in questione. Se qualcuno ha rubato immagini questo è il giapponese, e questo lo affermo con la forza di chi in questo
caso,e solo in questo, detiene la verità, e cioè il disegno originale.
Con Marco in questi giorni abbiamo avuto uno scambio di e-mail che io avrei voluto riportare in questo blog, ma lui non ha voluto. Ci tiene alla sua privacy. Nella sua ultima trova anche l'occasione per darmi un consiglio, che semmai fosse vero quello che dico, dovrei imparare a tutelare meglio i miei disegni in rete. che dire a Marco se non vaffanculo.
Salvo Gurgone

PS
se qualcuno vuole vedere il disegno originale mi scriva a questa e-mail: gurgo@hotmail.it

lunedì 24 settembre 2007

I Maestri del colore: Duccio

Angelo adorante (particolare della “Madonna Ruccellai”) di Duccio (1255/60-1318/19)

martedì 11 settembre 2007

Agghiccariusangudu cuuuaariii



A gghiccare u sangu du cuari”. Buttare il sangue dal cuore. Una fuoriuscita di sangue con conseguente morte. Sulle labbra di mia madre, rivolto a me, mi suonava agghiacciante. La frase veniva acccompagnata sempre da un urlo. Se emesso prima, era un ultimissimo avviso, alla fine della frase era un rafforzativo, un ulteriore infierire.
Ricordo ancora che mi sentivo graffiare l'anima a quel grido. Lo ritenevo più brutale di una violenza fisica. Anche perchè con lo schiaffo ti sfogavi piangendo. L'astima (la maledizione) lanciata da mia madre mi imbrutiva, mi addolorava e non lasciava possibilità di sfogo.
Avrei sicuramente preferito uno schiaffo.
Mi ferisce ancora oggi sentire urlare quella frase. Sempre rivolta a bambini da mamme oggi tutte bionde. Bionde anche se brune, che vivono in un vicolo della Vucciria. Bionde come la signora del secondo piano, quella che elimina i sacchetti della spazzatura tirandoli dalla finestra. Con precisione, non sbagliando mai centro. La sua dirimpettaia, l'unica bruna ma è “turca”, è agevolata nel tiro perchè la “raccolta” dei rifiuti è proprio sotto il balcone.

Giovà, a gghiccare u sangu du cuari”
(gio-oo-vaaa, agghiccariusangudu cuuuaariii, urlato con un tono acuto)
Amore di mamma, che non permette a nessuno di sfiorare il proprio figlio, ma capace di augurare la morte alla propria creatura.
Certo Giovanni non è un santo, ma una piccola peste. “Du sordi di cacio”, di due anni, con la passione per i puri e semplici atti vandalici. Con la sicurezza dell'impunità. Va su e giù fiero di mostrare il simbolo della Nike rasato sulla nuca. Per qualsiasi cosa, per lui va bene un urlo. Una delle poche parole comprensibili di Giovanni è “pirru”. E “pirru” è rivolto sempre a qualcuno per offenderlo, e “pirru” sta per sbirro.
La mamma vestita con capi griffati, urla quella frase al figlio quando questi ha già abbondantemente rotto i coglioni a tutto il vicinato. Trasmettendo al figlio il proprio orgoglio per il compagno agli arresti domiciliari. E il suo inattaccabile amore di mamma. Trasmesso insieme alla pappetta che gli dà rincorrendolo per tutto il vicolo.
E il suo compito di mamma finisce lì.
Non c'è una morale, la vado costruendo

venerdì 31 agosto 2007

I Maestri del colore: David

Ritratto di Lavoisiere e la moglie” di Jacques-Loui David (1748-1825)

giovedì 23 agosto 2007

Conversazione


Avevo circa 18 anni, quando stavamo aspettando, in macchina, mia madre che era andata a fare una commissione. Mio padre seduto al posto di guida, io sul sedile posteriore. Inaspettatamente girandosi mi chiese “Ma tu, hai problemi con le donne?”. Sarebbe stato bellissimo sprofondare fino al centro della terra e rimanervi. E anche se tutto l'universo trama per far avverare i tuoi desideri, alle volte i risultati non sono istantanei. Sentii me stesso rispondere “Io? Mai avuto problemi con le donne”. Non era una bugia. Ma nemmeno la verità. Io mi nascondevo, lui mi aveva scovato e io lo aggiravo. Tutti e due imbarazzati.
L'universo a modo suo intervenne e fece ricomparire mia madre.
Il silenzio ci accompagnò fino a casa.
Si parlò solo di politica e mai più di noi.

lunedì 6 agosto 2007

I Maestri del colore: Cranach



Giuditta con la testa di Oloferne” (part.) di Lukas Cranach (1472-1553)

martedì 31 luglio 2007

Sutta scupa 3: Non è successo nulla


Esperienza non è altro che il ricordo degli errori fatti. Piu o meno così sosteneva Oscar Wilde. Avventurarsi nella possibilità di sbagliare in fondo, non è altro che vivere. Certo, assumendosi tutte le responsabilità. Ma avere la possibilità di commettere cazzate, senza pagarne le conseguenze, forse non è da comuni mortali. E' solo un'occasione concessa a chi fa il vigile urbano.
E così è finita. Come? “Abbiamo sbagliato”. Cioè? “Niente, abbiamo commesso un grosso errore”. E che faccio? “Le ho detto che abbiamo sbagliato”.
In verità, almeno questo era carino. Non era l'arrogante ispettore capo. Appena entrato non l'avevo riconosciuto. Sorridente mi stringe la mano e mi chiede se mi ricordo, per un attimo resto perplesso, poi ricordo. I Vigili Urbani. Mi chiede “Mi da il foglio?”. So cosa intende ma sottolineo “Il verbale che mi avete fatto?”. “Sì, me lo dia”. Ha dei bei baffoni, “Perchè?”, provo comunque a chiedere. “Abbiamo sbagliato”.
O subito pensato ad un film. Che ti cattura con una fitta trama intricata. Che alla fine ti aspetti il grande botto finale. E poi invece ti lascia altri dubbi su quella fine aperta anche ad altre supposizioni.
L'avvocato in vacanza è contento. Io al lavoro sono deluso.
Sì, va bene. Quei tremila novanta nove virgola ottantacazzi non dovrò pagarli. Ma chi paga la mia rabbia? Chi paga le mie giornate perse? Chi paga?
Nessuno!
Gli dò il “foglio”. Lui in modo caloroso mi stringe la mano.
Non è successo nulla.
Spero.






lunedì 23 luglio 2007

Due Piazze

Due piazze separate da un fiume sotterraneo. Due visioni di una medesima schizzofrenia che ha colpito questa città. Da una parte lo scempio di una piazza, trasformata in un ammasso di tavolini e ombrelloni. Non una piazza anonima, ma un luogo con una propria presenza artistica: Piazza S.Francesco d'Assisi. Legalmente occupata con regolare pagamento del suolo pubblico. Armonia e bellezza ignorati e trasformati in un ristorante all'aperto. Ed è tutto nella legalità. Dall'altra parte di un fiume che non si vede, una piazza con una fontana: Piazza Garraffello. Sia la piazza che la fontana che vi è al centro sono arrivati a tal punto di degrado da essere stati messi, tempo fa, sotto sequestro. Poi, ovviamente, sono state dimenticate. Poi la piazza è diventata un posteggio. La fontana asciutta e piena di rifiuti. Poi, un giorno, qualcuno lavora attorno alla fontana. La pulisce e ne sistema lo scarico. E da quel giorno, ogni giorno una piccola novità. Un giorno dalla fontana scorre nuovamente l'acqua, un canto sommesso ma non timido. Un altro, viene circondata da piccole palme. E poi le stesse palme non circoscrivono più la fontana ma tutta la piazza, aggiungendosi nuove piante. Un altro giorno spunta una panchina di ferro verniciata di rosso. Una catenina delimita la piazza evitando che vi si possa posteggiare. E poi ancora altre panchine spuntano nel giorno dopo. Tutto “illegale” ma tutto encomiabile. E la piazza torna a respirare. Il tutto ad opera di azioni quanto meno illegali.
E' strana Palermo, direi quasi surreale. Comportamenti legali, da un lato, che in nome del primato dell'economia non tengono conto né della bellezza né della pubblica fruizione dell'arte. Di contro, “l'illegalità” di alcune persone che hanno capito come, valorizzando la bellezza di un luogo, puoi anche guadagnarci economicamente.
La morale ci sarà pure, ma ho grosse difficoltà a tirarla fuori.

domenica 22 luglio 2007

I Maestri del colore: De Chirico

Cavalli su una spiaggia ellenica” di Giorgio De Chirico (1888-1978 )

martedì 17 luglio 2007

Sutta scupa 2: Coincidenze

A volte ci accadono cose che si ripetono a distanza di tempo. Segnali del fato, coercizione a ripetere gli stessi errori, segnali ben precisi... coincidenze? Non saprei ma succede. Succede che: dopo l'insediamento del nuovo sindaco, pochi giorni prima del festino della santuzza, ricevo la visita di tre Vigili Urbani. Ah, succede pure che il Comune di Palermo è in deficit e non trova abbastanza fondi per i festeggiamenti della patrona della città. D'altra parte succede anche che io mi azzardo a mettere in vetrina un manifesto che criticava alcune spese sostenute dal sindaco. O, come è avvenuto alle ultime elezioni, mi sono permesso di candidarmi nello schieramento contrario al nuovo sindaco.
Le cose sono legate fra di loro? Non saprei: ma tutte queste cose sono successe, se poi abbiano dei legami fra di loro non ci posso giurare. Ma qualche dubbio posso averlo?
Sono tornati. Decisi, sapevano quello che c'era da fare. Da un giorno all'altro mi ritrovo ad essere un “abusivo”. La mia licenza di commercio è per il n. civico 145, non è valida per il 143. Punto. Ho fatto la variazione all'annona. Al Vigile non risulta, e ricorda ad un mio amico presente che per informarsi ha pagato, di tasca SUA, ben tre telefonate. Mi chiede: “Che facciamo?”. Io ingenuo, dico che chi meglio di lui mi può dire cosa fare per chiarire l'equivoco sul quale stanno basando tutto?
Non gli ricordo l'illegalità diffusa nel quartiere, lo stato di abbandono del cuore della città “più cool”, lo sforzo nostro per tenere all'interno della legalità la nostra attività. Non gli dico di come ci si può sentire non solo abbandonati, ma anche vessati dalle istituzioni che dovrebbero sostenere le attività ancora vive nel centro storico. Lui nel frattempo trova la soluzione e redige il verbale. Sostiene che “in fondo è meglio che paghi io il verbale, perchè l'altra soluzione potrebbe essere quella di tirare in ballo il proprietario del locale”. Ma visto che per sostenere le spese del frazionamento dovrebbe sborsare qualcosa come 8-10 mila euro, potrebbe pure chiedermi di lasciare libero il negozio. Così rischierei di trovarmi in mezzo ad una strada. Un consiglio da dio. Sarà, ma sono ateo.
Mi comunica l'importo che dovrei pagare: tremila novanta nove e ottantuno euro.
Gli ottantuno centesimi mi fanno sorridere: mi sembrano ridicoli messi lì. Mi consiglia con fare amichevole di pagare entro trenta giorni. Mi chiede “Lei cosa dichiara?”, devono inserire la mia risposta nel verbale. Non so che dire, e sempre lui suggerisce “Mi metterò al più presto in regola”. Il suo collega trascrive la “mia” dichiarazione. Senza sapere se posso o no rifiutarmi di firmare firmo.
Mi danno la mia copia del verbale.
Cazzo, tremila novanta nove e ottantuno euro.
Si raccomanda, ancora, affinchè paghi entro la scadenza dei trenta giorni.
Mi porge la mano.Ci stringiamo la mano, ma solo al terzo tentativo sono riuscito a staccare la mano.
Cazzo, tremila novanta nove e ottantuno euro.
Sarà compassione buddista, la stretta di mano intendo. Quando le parole non hanno la forza per consolare, basta un tocco. Un braccio sulla spalla, una carezza o una stretta di mano prolungata. E con un gesto dire: ecco sono qui, sono qui con te.
Cazzo, tremila novanta nove e ottantuno euro.
Esplodo dopo. E non mi ci soffermo.
Tutto il mio ottimismo è nei 19 centesimi che separano 3.100 da 3.099,81
Cazzo, tremila novanta nove e ottantuno euro.

A volte ci accadono avvenimenti che si ripetono a distanza di un certo tempo. Segnali del fato, coercizione a ripetere gli stessi errori, segnali ben precisi... coincidenze? Non saprei ma succede.

Succede che ...



(continua)

sabato 14 luglio 2007

I Maestri del colore: Degas


Il caffè – concerto agli Ambasciatori” (part.)di Edgar-Germain-Hilaire de Gas detto Degas (1834-1917)

venerdì 6 luglio 2007

Genova, mon amour

Genova.
Luglio 2001.
G8.
Due ore prima dell’irruzione alla Diaz.
Due poliziotti al telefono.
“Ho visto tutti ‘sti balordi, queste zecche del cazzo”
“Speriamo che muoiano tutti”
“Eh, sei simpatica”
“Tanto uno già beh gli altri...0-1 per noi”

sabato 30 giugno 2007

Sutta scupa

Sutta scupa” . Essere o mettersi “sutta scupa”. Si riferisce ad un gioco di carte. E' la situazione di una possibilità ottima per l'avversario. Mettersi o essere sotto mira di un attacco imminente.Fuori dal gioco non capita mai ai cittadini, capita ai sudditi. Aprire una attività commerciale di per sè non ti mette spesso in questa situazione. Ma fare sentire le tue opinioni è tutto un altro discorso. Non si può criticare il sindaco con un manifesto politico affisso in vetrina. Pena la minaccia di una multa di oltre 400 (quattrocento) euro per affissione abusiva. Pena comminata da un sindaco che appena pochi mesi prima aveva letteralmente coperto tutta la città con il suo faccione. E i suoi manifesti erano tutti abusivi.
Quest'anno ho veramente esagerato e mi sono messo “sutta scupa”. Me la sono proprio cercata: mi sono candidato nella lista di Rifondazione Comunista. Caso ha voluto che proprio in questi giorni è stato rieletto lo stesso sindaco. Forse lo stesso caso che ha fatto comparire tre distinti signori che, in vestiti borghesi e senza nessun cartellino di riconoscimento, si qualificano come dei Vigili Urbani. Come cinque anni fà. Mi chiedono il documento di riconoscimento, la licenza, il contratto di affitto, l'agibilità del locale, l'iscrizione al Registro IVA, la planimetria del locale, la domanda tranello, la dichiarazione giurata di non so cosa, ed io non so come si chiamano... e ancora, lo scontrino fiscale, il registratore di cassa, un'altra domanda tranello, l'iscrizione alla Camera del Commercio, la variazione al Registro IVA. Intanto uno di loro si allontanava per intrufolarsi in una zona privata a curiosare. “Qui manca la variazione dell'indirizzo, che mi dice?”. “ Ma qui non si legge bene”. Ed io penso di essere sotto torchio. Senza nemmeno sapere con chi parlo. Io sono sotto torchio. Capisco l'emozione di un suddito medievale. Cerco di fare una battuta, subito gelata. Appuntamento dopo tre giorni per portare: planimetria del locale, certificato dell'impianto elettrico, certificato di iscizione alla Camera di Commercio, variazione indirizzo al Registro IVA. E portare il tutto in quella via Dogali, che da qualunque parte di Palermo ci si voglia andare è sempre dannatamente lontana. Riesco a spostare l'appuntamento a sei giorni che, dopo mia richiesta telefonica, è stata spostata ulteriolmente. Arrivò il giorno dell'appuntamento: turno per il pass per poter entrare. Per avere il pass bisogna consegnare un documento. Io e l'amico, che mi ha dato il passaggio in macchina per arrivare qui, consegniamo i documenti. Come indicazione piano e stanza. Mi sento un idiota che ha un incontro con qualcuno e non sa nemmeno come cercarlo. Terzo piano, dai prendiamo l'ascensore. Ma no, purtroppo è fuori uso. Mi guardo in giro, osservo la scala. Sono fortunato, sì ho qualche acciacco alle gambe ma riesco ancora a fare tre piani di scale. Purtroppo, per tutti gli altri che non possono salire, alternativa zero. Penso che se fossero vigili con sè stessi, questo ufficio non dovrebbe poter essere aperto al pubblico. Ma i sudditi non hanno diritto a protestare. Arrivo alla stanza giusta. Sto per chiedere informazioni quando da un'altra stanza entra uno dei Vigili che erano passati dal negozio. Sovrastando con la voce gli altri dice che devo parlare con lui. Oddio, mi sento sotto esame. Sono ugualmente nervoso, cerco di fermare il tremore di una gamba. Iniziamo, comincia a controllare i documenti da lui richiesti. Sembra un detective davanti un furbo bandito che deve incastrare. In qualsiasi modo, ma incastrarlo. Guarda e legge i documenti con meticolosità, scrutando le mie reazioni. Cerco di non esternare i miei sentimenti nei suoi confronti, come uno studente davanti il proprio esaminatore sorrido e sto calmo. Inizia a compilare qualcosa che intuisco sia una relazione. Alza lo sguardo verso di me e mi chiede un documento. Devo ricordargli che per essere lì dovevo avere il pass, e per avere il pass avevo lasciato giù il mio documento. “Non ha la patente? Mi dia la patente”.
Certo è difficile ma il pelo nell'uovo prima o poi si trova. Bisogna avere costanza e acume e il pelo prima o poi verrà fuori da sto maledettisimo uovo. Sarà evasione fiscale, un documento fuori posto, ma anche un ricordo riportato male. Qualcosa si trova scavando, alle volte i tesori si trovano solo in profondità. E qualcosa viene fuori: non ho portato la ricevuta del precedente allargamento del locale. Quindi se non ho fatto la richiesta di ampliamento non può essere accettata quella di riduzione. Non solo, ma così viene fuori che io per alcuni anni avrei esercitato abusivamente in uno dei due numeri civici. Che bello! Vedi, che il pelo nell'uovo alla fine lo puoi trovare. Mi dice che verrà a controllare se ho tutto in regola. Non so se è una promessa o una minaccia. Forse la promessa di una minaccia. Lui lo fa per darmi così la possibilità di mostrargli la ricevuta di ampliamento presentata all'ufficio dell'Annona naturalmente. Mi congeda ricordandomi che ha fatto ben tre telefonate per me. Ringrazio e sorrido. Ho la bocca amara, e sorrido e ringrazio per l'interessamento. E penso che sono certo che il telefono sarà quello avuto in dotazione dal comando, e che le telefonate vengono pagate in quanto contribuente anche da me. Come pago pure la loro connessione a Internet, da dove digitando pochi tasti potrebbe sapere di me tutto quello che c'è da sapere. Come pago il suo stipendio. E pago per essere qui, a fare il suddito. Scendo le scale dell'ufficio sognando di giocare a Postal. L'amico che mi ha accompagnato mi dice qualcosa riguardo il Vigile. Io dico che se non esco da quell'edificio non parlo. In macchina mi fà: “Minchia, ma u viristi? Azzo vuali, picciuli?”. Ma no. La rabbia ha invaso la mia mente, urlo qualcosa misto ad odio. La bocca sa proprio di fiele. E ancora non è finita...
Uscito alle 8,30 ritorno in negozio alle 12.
In negozio cerco di far mente locale. Senza l'assilo dell'esaminatore spesso vengono le risposte che non abbiamo saputo dare. Non si sa di chi sia l'errore, ma il nostro detective ha annusato bene. Quando ho richiesto l'ampliamento del locale, la cosa è stata registrata come se l'ampliamento riguardasse lo stesso numero civico. Così che il locale, un tempo di 60 mq, diventa quasi 120 mq, restando sempre lo stesso numero civico. Ma nella relazione era chiaro che la variazione coinvolgeva due numeri civici diversi. Nella licenza invece veniva fuori solo un numero civico. Trovata la spiegazione, secondo me, all'inghippo, cerco di mettermi in contatto telefonico con il Vigile con cui ho parlato. Mentre il telefono squilla penso che dovrò chiedere di parlare con qualcuno di cui ancora ignoro il nome. Vengo presto tolto dall'impiccio. Tanto non risponde nessuno. Nessuno a mezzogiorno? Non resta che aspettare la visita che hanno annunciato.
Alle volte bisogna cedere una buona carta per non finire ”sutta scupa”. Spesso una carta preziosa. O si può scegliere coscientemente di finirci. Mettersi “sutta scupa”, in un sistema di sudditanza, per me resta comunque la sola posizione onorevole.

(continua...)

giovedì 14 giugno 2007

Non mostrare la foto

Quello che ci doveva essere era già stato. Il caffè era finito, ed allora un bicchere d'acqua. Sorgeggiando acqua cominciammo a raccontarci. Lui canuto con pizzetto. Una presenza da Giove. Stava seduto sulla sedia, addosso solo il mio accappatoio che a stento riusciva a contenerlo. Io con in bocca ancora il suo sapore. Eravamo li a raccontarci. Ricordi passati che quando cominci a raccontarli senti il peso degli anni. Lui aveva una smania, qualcosa che voleva uscire fuori. Unito ad una donna attraverso un matrimonio e pieno di rimpianti, si raccontava con nostalgia. Io invece come eroico ribelle che non sta male nel suo corpo .
Il mondo non è. Siamo noi ad averne una visione di parte. E ci adeguiamo alla nostra visione. E sarà per questo che lui non trova nei suoi occhi la stessa bellezza che io vedo con i miei. Ha bisogno di conferme continue per tranquillizzarsi. E non credo serba ricordo di ciò che gli racconto. Perchè le persone insicure sono piene di sè?
Mi chiede se ho foto mie da giovane, non mi va di mostrargliele. E questo era il punto, cazzo. Mi piace giocarci con il passato e non piangerlo. Raccontarlo ma non morirci.

Allora ti faccio vedere una mia foto” fra me pensavo, o meglio speravo, che mi mostrasse una sua foto recente. Invece era una foto di lui ventenne. Con tutti i capelli, e corvini, senza pizzetto, molto più magro e con un viso inespressivo. La storia del brutto anatraccolo rivisitata al contrario. Lui si vedeva come brutto anatraccolo e rimpiangeva quando era stato un magnifico cigno. Io invece vedevo la storia tradizionale ed ero lì seduto con accanto il magnifico cigno con il mio accappatoio.
E mentre io ero ancora lì a saziarmi gli occhi di ciò che avevo davanti, lui smontava tutto mostrandomi la sua passata gioventù.
Rino, spero tu abbia capito che non devi mostrare la foto. Perchè sei adesso, quello che pensi di essere stato, soprattutto per chi ti sceglie oggi.



lunedì 28 maggio 2007

I Maestri del colore: Carracci



Diana ed Endimione” di Annibale Carracci (1560-1609) fondatore dell'Accademia del Naturale e del Disegno (successivamente chiamata Accademia degli Incamminati.

mercoledì 23 maggio 2007

A Marco

Siamo schiuma di mare.
L'ultima volta mi hai parlato di mare. Storie di bitte, orizzonti di lampare e tonni in amore. Ti ricordo, occhi di acqua, accennare un sorriso di complicità.
Siamo schiuma di mare ci formiamo e svaniamo.
L'ultima volta, vestito di luce bianca, riconobbi solo il tuo sguardo puntato su un orizzonte oltre il visibile. Costava fatica il pensiero di un sorriso, ma ci tentavi.
Siamo schiuma di mare ci formiamo e svaniamo senza renderci conto di essere mare.”




A Marco Incardona pittore palermitano

domenica 20 maggio 2007

I Maestri del colore: Cosmè Tura

San Giorgio e il drago” di Cosimo da Bonaventura detto Cosmè Tura (1430-1495)

martedì 15 maggio 2007

Sopra le mura di S.Teresa

C'era una strada alla Kalsa chiamata Sopra le mura di S.Teresa, comunemente indicata come Supra e mura. Lì ho vissuto i miei primi quattro anni, ma alcuni ricordi sono rimasti incisi nella memoria. Un certo imprinting “ausitano” mi è rimasto attaccato.
Nei primi ricordi c'è un senso di pudore trovandomi nudo davanti ad una macchina fotografica. Un “no” affermato con tutte le forze. La foto alla fine si fece con me seduto su uno sgabello ma vestito. Stringendo in mano dei soldi che mi erano stati regalati.
C'era una fontana in quella strada dove mi divertivo a sguazzare. Veramente erano due le fontane pubbliche ma in una il rubinetto non funzionava. Zampettavo a piedi nudi nell'acqua e non avrei mai lasciato quel gioco.
C'era Michela. Una signora, che abitava accanto a noi, propio la persiana successiva alla nostra. Michela era la specialista nella pulitura dei “nzituna”. Quando qualcuno di noi ragazzini ne era affetto puliva i “nzituna”. Quasi tutti prima o poi ne soffrivamo. Erano specie di foruncoli ma molto grossi. Lei li spremeva facendo uscire il pus, ma procurando anche molto dolore nel farlo. Michela era la specialista nel pulire i nostri “nzituna”. Mio fratello era uno specialista nel dirle “buttana”, e non solo, quando era il suo turno. Ma lei sorrideva e quasi con piacere sadico svuotava completamente quel sacchetto di pus. Mia madre si scusava sempre per il comportamento di mio fratello ma Michela rispondeva “I parole un fannu pirtusa”. E per nulla impietosita dai nostri pianti lei continuava quelle operazioni di pulizia.
C'era nonna Barbara. Sempre vestita di nero e spesso con il velo, rigorosamente nero, calato sulla testa. Questo per esternare un doppio lutto, per il marito e un figlio. Lutto che andò avanti per più di vent'anni. Per lo stesso motivo portava i capelli raccolti a crocchia. Tagliarsi i capelli veniva considerata una cosa frivola e quindi da evitare in caso di lutto.
C'era la casa di Nonna Barbara dove alle volte restavo a dormire. Ma delle bambole attaccate sul lampadario, che giravano come su di una giostra, ho solo il ricordo passatomi da mia nonna. "Affascinato guardavi il lampadario e lo vedevi pieno di bambole di tutti i colori" raccontava. Questo episodio mi veniva ricordato sovente, non so cosa vidi o immaginai quella sera.
C'era la prima televisione che vidi dai Fiorellino. Lontani cugini di mia madre, che abitavano nella stessa strada, gli unici a possedere il nuovo apparecchio.
Si pagava per vedere la TV. Le monetine che noi bamnini portavamo venivano messe dentro un salvadanaio a forma di baule dei pirati. Seduti su delle panche vedevamo “La TV dei ragazzi”, deliziandoci con Rin-tin-tin, Penna Bianca e qualche volta le comiche.
C'era questa strada araba, tutta acciottolata e piena di vita. Ora caduta in rovina che aspetta un sogno per poter tornare a vivere. Un sogno e la forza per realizzarlo.


lunedì 7 maggio 2007

Parole

Scorrono le parole a fiume
e mi sento annegare
non vedi la mia faccia sconvolta
mentre il tuo sguardo di conferma mi cerca
come gatto annoiato guardo altrove
una sassaiola di parole colpiscono me
che porto addosso la condanna
alla lapidazione

lunedì 30 aprile 2007

I Maestri del colore: Coubert

Les demosoiselles au bord de la Seine” (part.) di Gustave Coubert (1818-1877)

giovedì 26 aprile 2007

Ancora Umberto


Un casino di rose e fiori con lui. Dei suoi limiti riusciva a farne pregi, con ingenuità disarmante. Era piacevole stare insieme, riusciva a superare anche lo scoglio del saper ascoltare. Mi sembrava quasi strano trovarlo accanto e in sintonia. Lui era amico e amante, ma vero amico in fondo.
Mitico, nel ricordo, un viaggio da Milano a Roma con un pulmino, io e lui da soli. Storie che da semplici ricordi, ora con il tempo si sono trasformati nella storia di un periodo. Il tragitto lungo e tortuoso passava da Padova, Bologna, Pistoia, Firenze, Roma. Ma per me farlo in pochi giorni fu meraviglioso. On the road...Oh yeahh.
Ci si nutriva di cibo spazzatura comprato a caro prezzo nei vari autogrill. Era un viaggio di lavoro per la distribuzione. Io mi ero allontanato per una settimana dalla comunità dove lavoravo. Ero partito con Umberto per lavoro. Io solo non riuscivo a crederci e non solo quando ci ritrovavamo distesi su pile di Re Nudo e Rosso.
Nel lungo viaggio fra le persone che si incontravano, ogni tanto si parlava di Ultimo Tango a Parigi, film uscito da poco. Una volta qualcuno fece una battuta sulla famosa scena del burro. Umberto non capì la battuta, perché non aveva visto il film. Sinteticamente gli feci capire in cosa consisteva lo scandalo del film.
Non se ne parlo più fino al ritorno a Milano. Una sera eccezionalmente ebbi l'onore di cenare a casa sua. O meglio a casa dei suoi che momentaneamente non c'erano. E lì ritorno il burro, prima come argomento di curiosità, poi come lubrificante da provare.

lunedì 23 aprile 2007

I Maestri del colore: Delacroix

Cavalli che escono dal mare” (part.) di Eugène Delacroix (1798-1863)

sabato 21 aprile 2007

Umberto


Questo post è dedicato alla curiosità insaziabile di un tifoso del Palermo”


L'unica porta aperta, arrivato a Milano, fu Umberto. Illuso dalla carta, pensavo che il mondo dell'underground fosse molto disponibile. Invece si comportò come il resto della città. Tranne Umberto.
Anni settanta, mi trovavo in città per il servizio civile. Servizio che svolsi nel gruppo di Don Gino Rigoldi, ci si occuppava perlopiù di ragazzi che entravano e uscivano dal carcere minorile.
Umberto distribuiva diverse riviste e libri legati al movimento. Una bella persona in tutti i sensi, tanto che iniziai a fargli la corte quando frequentavo la distribuzione. Gli davo una mano a sistemare pacchi di riviste, appena consegnate dall'editore, negli scaffali di metallo dell'ufficio. In un secondo tempo diventò un quasi lavoro. Mi occupavo degli ordini delle varie librerie sparse in Italia.
Ci guadagnavo qualcosa, ma avrei anche pagato per lavorare in quel posto.Anche, ma non solo, per la presenza di Umberto
Il locale era diviso con la CISL, vi era in comune solo il gabinetto. Non so quali problemi sorsero e ad un certo momento i locali furono separati. La distribuzione restò senza il bagno, per cui quando il sindacato era chiuso, si ricorreva ad un bottiglione nascosto in un angolo.
Qualche volta ci si incontrava la domenica pomeriggio e chiaccheravamo per ore. Mi parlava del suo rifiuto a un contratto che lo avrebbe riempito di soldi, molti soldi, ma legandolo ad un lavoro che non riteneva gratificante. Della scelta di utilizzare il nome della vecchia azienda, ISAT, per mettere su una distribuzione di materiale prodotto dal movimento. Quasi una beffa nei confronti del vecchio lavoro.
Una volta mi raccontò una sua avventura con uno dei suoi amati sbarbatelli. Arrivato alla fine mi chiese “A te che tipi piacciono?”, come facevo a non dirgli “Quelli come te”?.
Credo che da quel momento cominciò a prendere forma nella sua mente l'ipotesi che si poteva provare a farlo.
E avvenne un pomeriggio di una fredda domenica, sdraiti per terra su un cartone. Tutto cominciò chiaccherando, con la testa che piano piano cade sulla spalla dell'altro. Il mio braccio che non trovava la posizione giusta raggiunse la pace sul suo petto. Le parole diventarono bisbigli, e gli occhi si trovarono. E lui a cercare di convincermi, che in fondo anche Milano a modo suo sa essere una città accogliente.







giovedì 19 aprile 2007

Bacio


A Pisa frequentavo soprattutto due cinema. Quello vicino alla stazione centrale con accanto la mensa ferroviaria dove ogni tanto pranzavo. L'altro era un cinema d'essai. Non capivo che volesse dire quella definizione. E ancora oggi ho qualche dubbio sull'accento. Ben presto capii che i film proiettati in quel locale erano quelli che gradivo di più. Lì incontrai Bunuel, Polansky, Ferreri e la fantascienza. Frequentavo spesso il cinema quando ero libero dal lavoro di cuoco (esattamente dovrei dire comì di cucina, aiutante). Anche perchè qualche volta ci scappava un incontro. Questo cinema si trovava a pochi metri dalla piazzetta Garibaldi dove, nel bar, incontravo i compagni del circolo anarchico.

Non ricordo come avvenne l'incontro, ricordo il suo viso che si avvicinava al mio. E poi due labbra che si posavano sulle mie.

L'ambiente del cinema era vario. Spesso frequentato dai compagni del movimento extra-parlamentare, il pubblico variava a secondo della programmazione. Io mi godevo sia i film di fantascienza sia film come La Via Lattea o L'Angelo Sterminatore. Anche se devo dire che Cul-de-sac di Polansky non l'ho mai capito.
Era anche un rifugio, il cinema. Qualche volta risposta ad una giornata vuota, libera dal lavoro. I primi tempi che lavoravo a Pisa i giorni liberi li passavo gironzolando per la città. C'era il bar dove facevo un paio di partite a flipper. La libreria Mondadori dove passavo ore, e qualche volta mi ritrovavo ad indicare io ad un cliente dove poteva trovare il titolo che cercava. Pomeriggio quasi sempre al cinema. Cena spesso con pizza, o cecina, che consisteva in farina di ceci sciolta in acqua e cotta, come la pizza, al forno: una mala panella.
O sfinito mi ritiravo, o si pensava ad un'altro film da vedere.
In uno di questi giorni incontrai il mio primo appassionato bacio.

In tuta blu, in un cinema d'essai pisano, arrivò, bruno, il primo bacio. Momento dolcissimo di un diciasettenne palermitano scappato di casa. Un giro di testa, e gambe molli, dentro un cesso. Un incancellabile ricordo. Con una seicento mi portò via da lì. In mezzo ad un campo di viti, con sassi che si affondavano nei fianchi, riprovammo a manifestare nell'atto il ricordo.

sabato 14 aprile 2007

I Maestri del colore: Constable



La fattoria Glebe” di John Constable (1776-1837)

martedì 10 aprile 2007

L'anima della parola




All’inizio fu il verbo. Non la parola, il verbo, il suono. Dall’assenza al suono.
Non so come iniziò, forse bisogno irreprimibile di essere. Mi piace pensarlo
come un dono. Poi fu la parola e Babele. La parola è si suono ma anche menzogna. La dualità della parola/suono spesso non riusciamo a coglierla e ci confondiamo perchè pensiamo che la parola sia sempre verità. La parola invece per sua natura cela qualcosa che non dice. La parola non svela, camuffa. Il suono è l’essenza legata al suono primordiale. E’ l’anima della parola, la parte invisibile e profonda.




domenica 1 aprile 2007

I Maestri del colore: Carrà



San Gaudenzio di Varallo” di Carlo Carrà (1881-1966)

domenica 25 marzo 2007

Matrimoni



Possibile che un segreto salvi la vita? Anche due. Quando di mezzo c'è una giornata con una recita e un pranzo esagerato. Il segreto deve avere due attori, di solito, per essere tale.
La farsa ha delle regole da rispettare, che tu le condivida o meno. Si cerca di variare fra nero e blu notte, e per spezzare, sfiorando la trasgressione, una cravatta rossa. Oltre non si può andare, e non starebbe bene con il clima (purtroppo senza x) della funzione. Si cerca, chi più chi meno, di immedesimarsi nel ruolo, adattandosi anche nei modi alla scenografia. Come un gesto richiesto dalla cerimonia che ritorna represso, non con la stretta di mano, ma con un buffetto sulla mia spalla.
Se ne parli rompi una promessa, che può essere fatta anche a se stessi. Se non ne parli esiste, e il segreto si realizza come il vaso vuoto. Che è se stesso se non viene utilizzato.
L'officiante va per la sua strada e chiama per nome due persone che magari ha appena conosciuto. E predica cadenzando il suono delle parole in modo strano. Poi il gesto, inaccettabile nel tempio al di fuori di quel frangente. Il bacio tra i due soggetti protagonisti del rito. Complimenti, abbracci e mille auguri. Quindi, il colpo di scena che tutti si aspettavano: gli amici degli sposi che cercano di farli diventare il condimento di una arancina. E ...il riso sulla gradinata può far scivolare, stai attento, dammi la mano, non scivolare, non scivolare... Come le parole, a volte, che cercano di scivolare via e dar corpo allo spirito del non dicibile.
Il frate senza paramenti come è arrivato, anonimamente, così è andato via. Non so se cercasse ancora quella ragazza, a dir poco formosa, sulla quale all'arrivo aveva posato lo sguardo.
Poi le foto, e loro che vanno a mettersi in posa per fermare l'attimo in un ricordo. Ricordi che annoieranno vecchi e futuri amici. Ma si deve fare anche questo, altrimenti non sarebbe possibile fare paragoni.
Anche se, solo quando viene richiesto esplicitamente, si ha un “incipit” tormentato, di solito sta lì a fior di labbra pronto a venir fuori. Sviare il pensiero, qualche volta funziona. Qualche volta fa inceppare le parole.
L'applauso quando loro arrivano è quasi un sospiro di sollievo. Finalmente inizia il pranzo. Fra una chiacchera, un saluto e una foto si ingurgita tanto cibo che basterebbe a sfamare un europeo medio per tre giorni.
Si legge sempre il menù che si trova a tavola, è sempre una sorpresa scoprire come chiameranno le solite varie portate.
Aperitivo, vino a tavola, spumante... Qualcosa si annega nella memoria e... non ricordo più di avere un segreto.




giovedì 15 marzo 2007

I Maestri del colore: Bellini

Battesimo del re”(part.) di Vittore Carpaccio (1465-1526) allievo di Gentile Bellini.

martedì 13 marzo 2007

Voglio uscirne fuori



Mi trovo, mio malgrado, a far parte di una chiesa di cui non condivido la fede né l'intervento invasivo che questa religione ha sulle nostre vite. Si parla spesso di un'Italia a maggioranza cattolica falsando la realtà, contando senza distinzione tutte le persone che, come me, sono state battezzate. E questo ignorando i tanti individui che, una volta adulti, hanno scelto di prendere una strada diversa.
Adesso, la chiesa cattolica, nella persona di un suo sacerdote, mi impedisce di usufruire del mio diritto a non farne parte. Anch'io, come molti altri, sono stato battezzato quando ero appena nato, e quindi non in grado di aderire coscientemente alla religione cattolica. Oggi, che ufficialmente desidero non farne parte nemmeno come mero numero in un registro, mi viene negata questa possibilità. Ho spedito tempo fa una raccomandata al parroco della chiesa dove sono stato battezzato, S. Maria della Pietà, per chiedere di segnalare che non faccio parte della chiesa, ma senza ricevere risposta. Ho provato a chiedere spiegazioni per telefono, ma un prete furioso mi ha preso per pazzo e “indemoniato”, negandomi un diritto garantito da una legge dello stato. Ho rifatto la richiesta con una seconda raccomandata, ma furbescamente il parroco non ha accettato la busta che mi è tornata indietro.
Si parla tanto di sette da cui è difficile venir fuori, ma con la chiesa cattolica le cose non sembrano andare in modo diverso.
Devo chiedere l'intervento del Garante sulla privacy, di cui il parroco non conosce nemmeno l'esistenza, per far valere un mio diritto.
Farò di tutto affinchè questa battaglia non sia un'altra vittoria di una chiesa intollerante, lontana dagli stessi principi che va professando.


lunedì 5 marzo 2007

I Maestri del colore: Corot



Ginevra, Quai des Paquis” di Jean Batiste Camille Corot (1796-1875

mercoledì 28 febbraio 2007

I Maestri del colore: Chardin



Il bouquet di fiori” di Jean Baptiste Siméon Chardin (1699-1779)

venerdì 23 febbraio 2007

I Maestri del colore: Caravaggio



La Maddalena” (particolare) di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610).

giovedì 22 febbraio 2007

La domanda del saggio



venne il saggio
e pose la domanda
che non ha risposta
e con una mano sola
colpisci l’aria
e non senti rumore
il senso del quesito
è in se stesso
non nella soluzione