lunedì 19 aprile 2010

Se vuole glielo posso descrivere




“Se vuole glielo posso descrivere”
La mia gatta era salita sul tavolo e mi guardava perplessa.
“Se vuole (pausa) glielo posso descrivere”
Ripeto cercando di dare naturalezza alle frasi. E memorizzarle. Non ci avevo pensato che dovevo impararle a memoria. Proprio come a scuola con le poesie. Lo facevo all'ultimo momento. 'mpiccicata ca sputazza. Come allora adesso dopo essere uscito di casa ripetevo le battutte a voce alta.
L'invito mi era arrivato via e-mail. Mi si chiedeva se mi andava di fare un provino per un telefilm. Avevo risposto di sì. La cosa che più mi ha divertito é stato il ruolo che avrei dovuto interpretare. Un prete.
“Se vuole glielo posso descrivere”
Una ragazzina mi ha sentito e si é girata a guardarmi.
Faccio un giro lungo per arrivare a S.Chiara dove avevamo l'appuntamento. La piazza deserta. Mi aspettavo la confusione di un casting. Mi ero preparato a scattare foto ai pretendenti il mio stesso ruolo. Nessuno. Nell'atrio una macchinetta per il caffé. Esco fuori. Un ragazzo entra si fa un caffé, poi si allontana con il biccherino in mano. Mi assale un dubbio. Comincio a chiedermi e se fosse tutto uno scherzo? Ho amici capaci di farlo. Cerco in giro tracce di qualcuno o qualcosa. Niente.
Un signore canuto, con baffetti ben curati, esce dall'atrio. Subito dopo un ragazzo in t-shirt nera mi viene incontro. “Sono del casting, si accomodi”.
Mi lascia in una stanza con la ragazza. La stessa che che mi ha contattato. Elisa. Gentilissima mi fa ripetere la parte, facendo lei le veci del mio interlocutore. Mi indica come porgere meglio le battute. Di non arretrare. Non guardare in macchina. Prendere la postura giusta da prete. Poi finalmente si gira. “Azione”
“Se vuole glielo posso descrivere”...
Mi dicono che é andata bene. Breve intervista filmata. Stop.
Si faranno sentire.
Ritorno a casa e naturalmente ci fantastico su. Poi vado indietro nel tempo. Dentro uno sgabuzzino. Insieme ad altri bambini. A recitare una storia inventata lì per lì. Costruendo un mondo con una parola. Prendendo sul serio il ruolo, piangendo davvero per la perdita di un componente la nostra compagnia di eroi. E mi piaceva.
“Se vuole glielo posso descrivere”

martedì 6 aprile 2010

Un attimo di meditazione




Mi sa di conforto e nostalgia. E poi la sua semplicità è disarmante. Acqua, sale, pastina, olio, formaggio grattugiato. La minestrina. Il mio amore iniziò a San Vito lo Capo. Dove i miei mi mandavano a passare tre mesi nella colonia estiva. Sotto falso nome. Lì, gustando delle lingue di passero in brodo sentii il mio corpo riscaldarsi. Come se ricevesse quell'abbraccio tanto desiderato.
Sì, le minestrine sono calde, corroboranti, qualche volta aromatiche, salutari, leggere, idratanti. Ma non le amo solo per questo. Hanno la liquidità legata all'infazia. La nostra alimentazione inizia con pappine, semolino, minestrine. E ogni cucchiaiata è un legame di affetto, un debito di riconoscenza.
Una volta cresciuto, i miei, non mi preparavano più minestrine. Eccezione era il semolino. Con solo due alternative o con i finocchietti selvatici o con i broccoli. Loro miravano al barocco e la pastina quando usata andava bene nei minestroni o in zuppe varie. Ma da sola no. Troppo povera, funzionale, essenziale. Bahaus contro barocco.
E loro palermitani veraci miravano a piatti elaborati. Con le sarde, con il sugo, con broccoli in tegame. Veri amanti del barocco.
Desiderare una semplice pastina era considerato un sintomo di malore. In famiglia la semplicità veniva considerata un caso di malattia. Come quella volta che in gelateria scelsi un gelato al limone e mia madre mi chiese se avessi mal di stomaco. Perchè un ragazzino, con tanti gusti a disposizione, non poteva scegliere il gelato più semplice e naturale.
Nella loro semplicità le minestrine hanno infinite varianti. Basta poco. Un poco di succo di limone. O un uovo e prezzemolo. E perché no, anche con un dado.
Puro slow food. Perché le devi dedicare tempo mentre la mangi. Richiede attenzione. Perché la minestrina é un tuffo in un abbraccio. Un attimo di meditazione.