domenica 31 marzo 2013

Edificio 17A - Colonia estiva

Disegno di Giuseppe Lo Bocchiaro



Da piccolo i miei mi mandavano in una colonia estiva. I posti spesso cambiavano. Altavilla Milicia, Val d'Erice, San Vito lo Capo. Le mie sensazioni erano sempre le stesse. Essere abbandonato per tre mesi. Anche per gli altri bambini la colonia estiva era un piccolo trauma. Sradicati dalla famiglia. Obbligati a condividere la propria vita insieme a degli emeriti sconosciuti. Immersi in un sistema da caserma.
Noi, teneri, sognavamo la fuga. Facevamo piani per evadere. Senza sapere che non avevamo dove andare.
Il mio soggiorno nell'Edificio 17A somiglia molto alla condizione della colonia estiva.
Ma questa volta non sogno evasioni rocambolesche. Aspetto che siano loro a cacciarmi via.


Edificio 17A - Fumatori







- Lei fuma, vero?
Era entrato nella mia stanza con aria furtiva. Aveva già subito un intervento al colon. Lo dichiarava la forma presa dalla maglietta che indossava.
- Mi offrirebbe una sigaretta?
- Certo, anzi andiamo a fumare insieme.
- Io vado avanti.
Mi fa capire che è per non farci vedere insieme, come se stessimo andando a commettere chissà quale reato. Lo seguo a distanza lungo il corridoio. Ci ritroviamo nel pianerottolo delle scale d'uscita.
- Lei ha qualcuno che viene a trovarla?
- Sì.
- Me le farebbe comprare un pacchetto di Pall Mall celeste. Mia moglie mi ammazza se sa che fumo.

sabato 30 marzo 2013

Edificio 17A - Carmelo




Carmelo è stato dimesso. Cattolico praticante, recitava il rosario tutte le sere. Intervallava "La coscienza di Zeno" ad un libretto di preghiere mariane.
Quando gli ho detto che Filippo è il mio compagno ha sorriso. Poi mi ha chiesto da quanti anni stavamo insieme.
Lui, operato più volte – e neppure questa sarebbe stata l'ultima - non si scoraggiava mai. Anzi, nei momenti in cui io ero più fragile, mi sosteneva. Controllava se la mia flebo era finita per avvisarmi Alle volta chiamava lui l'infermiere.
"Salvatò" era il suo modo di richiamarmi nei momenti di sconforto.
Carmelo è stato dimesso e in me convivono gioia e dolore. Anche questa volta ha vinto sulla malattia. La compassione è tipica di chi ha conosciuto il dolore.
Buona vita essere umano.





Edificio 17A - Il nome che non si dice

Disegno di Giuseppe Lo Bocchiaro



Passeggio lungo il corridoio del reparto di Chirurgia Oncologica. Incontro il chirurgo che mi dice che per il malessere di cui soffro devo fare una rettoscopia.
Il malessere. Il suo stato. La malattia. Tutto pur di non dire un semplice nome. Che dovrebbe essere comune in questo reparto.
- Dottore, il mio malessere è un tumore. Perché non usare questo termine?
- Solo con questo esame gli daremo un nome.
Cattiva bugia. Che non inganna nessuno

martedì 12 marzo 2013

La casa di Peppuccio

                                       



 Lo hanno cacciato via da due case diverse per questioni d'igiene. Lui le occupava abusivamente e le trasformava in depositi trasandati di cose inutili. Ma per dignità lo hanno buttato fuori da quelle case invivibili per un essere umano. Ora Peppuccio dorme per strada, accovacciato su un gradino. Accanto il minimo indispensabile in un sacchetto di plastica bianco. Un contenitore di cartone con ancora due dita di vino. Altrimenti come ti sciacqui la bocca la mattina? Un pacchetto di Marlboro vuoto. Sì, vuoto il venditore ambulante accanto ha già controllato. “Vacante è” disse deluso. Poi una pezza? Una camicia? Un pezzo di tessuto informe. Colore indefinibile. Tutto qui. La dignità umana è stata ristabilita, Peppuccio dorme adesso in un luogo meno malsano. Su un gradino di fronte la Taverna Azzurra.

sabato 9 marzo 2013

Transizione


Da bambino pensavo che attraverso la malattia si crescesse. Che attraversato il dolore si diventasse più grandi. Intendevo la malattia come un mezzo, usata come espediente per far crescere. Era un'altra bugia per sopravvivere. Vero è che la sofferenza, la malattia, il dolore chiudono la nostra mente restringono il campo di interesse. Scopri l'effetto che fa una parte del tuo corpo quando funziona male. Si diventa bambino indifeso davanti un'orda immane che sta aggredendo il corpo. Ne vieni fuori stremato. Non è concesso riposo. Quando poi passa è come avere uno sguardo diverso. Anche un'influenza, per me bambino, diventava motivo per sentirmi più grande. Il grado della malattia era proporzionale alla crescita futura. Più giorni stavo a letto più il salto in avanti sarebbe stato lungo. Certo, era una bugia per sopravvivere. Molte me le sono raccontate per tirare avanti. Sempre meglio di qualsiasi fede. Io lo so che mi racconto bugie. Alle volte possono aiutare, ma non metterei mai nessuno al rogo perché afferma che sono bugie e non verità. Per questo non condivido nessuna religione. Comunque, questa non è una bugia. L'essere malato trasforma in pellegrini. Pellegrini che non conoscono la strada, ma hanno in mente una meta precisa.