lunedì 27 giugno 2011

Paesaggi Urbani: Taverna Azzurra





"Ieri ho conosciuto un tizio alla taverna. Fa l'artigiano. Mi ha mostrato degli oggetti fatti da lui e abbiamo cominciato a chiaccherare. Mi dice chiaramente che gli piaccio."
"E tu?"
"Io chiaramente gli ho detto che la cosa non mi interessava. Non so se fosse lui il più ubriaco o io. Ma questo non c'entra. A un certo punto - non chiedermi come - ci siamo ritrovati a casa mia. E questo tizio mi mette le mani addosso. Gli dico di smetterla e lui niente. Sembra un polipo. Allora lo caccio via di casa. E siccome gli avevo dato il sacchetto della spazzatura..."
"Ma scusa, lo cacci via e gli dai la spazzatura da buttare?"
"Seeee, ma mica a iccò. Stu fangu ma lassò dintra u purtuni. Strunzu."
"Sei incredibile. Comunque mi sembra una lezione perfetta."
"'Zo dici?"
"Hai vissuto cosa si prova a stare dall'altra parte."
"A cosa alludi?"
"All'essere molestati."
"Non ho mai molestato nessuno."
"Ricordo una sera. Tu “normalmente” sbronzo che tormentavi Stefi. Le dicevi ”Dammela, dai, dammela. Cosa ti costa?” e intanto cercavi di palpare il suo seno."
"Ma io mi pongo dei limiti."
"Come la risposta data all'amica che difendeva Stefi: “Chi fa, i rugnu a tia ru colpi?”. Continuando a tormentare Stefi fino a che lei è andata a chiudersi in bagno."
"Ma li mi sono fermato, però."
"Sì, perché lei ti ha sbattuto la porta in faccia."
"Non è stato un gesto carino."
"Hai avuto la faccia tosta di dirle da dietro la porta “Ma così mi ferisci”. Dopo che l'hai tormentata per una serata intera."
"Certo che mi ha ferito."
"See, va 'mbriacati. Anzi no, cerca di stare lucido. Il più possibile."

mercoledì 15 giugno 2011

Paesaggi Urbani: Tutti ai margini




Quando è iniziato tutto? Questa discesa agli inferi da dove è partita? Non ci sono soldi. E lo so che è una storia deprimente. Ma va raccontata. Lui si è sempre sbattuto. Tipo effervescente, sempre ottimista. Ha provato diversi lavori. Alcuni di valore, altri di merda. Ma è il lavoro, qualsiasi esso sia, a darti da vivere. Banale, vero? Ma quando arriviamo ai margini, quando il lavoro è quasi fare la questua per altri, far firmare contratti per un'azienda? Pietro si impegna lo stesso. Giacca e camicia più o meno intonati al pantalone. Borsa in mano e sorriso. Ogni giorno a spirale va battendo la città in cerca di una firma per un contratto. Alle volte lo vedevo passare davanti al mio negozio. Aveva sempre una battuta spiritosa. Mi ricordava un vecchio disegno visto in parrocchia da piccolo. Un ragazzino che fischiettava sotto la pioggia mentre andava a scuola. La fotografia di Pietro. Poi magari al bar mentre si sorseggia un caffè mi racconta la remunerazione insufficiente del suo sbattersi. E' in ritardo con l'affito di casa. Una stanza in subaffitto, mica un appartamento.
L'altro giorno è passato. Mi dice che è con le spalle al muro. Deve trovare dei soldi. Sì, che alcuni contratti li ha fatti, ma non molti.
“Ho anche seminato molto, ma avissi a quagghiari. Insisto ancora. Ma nel frattempo mi do allo spaccio”
“Ma dai...”
“No, vero. Solo fumo. Mi hanno detto che è buono.”
“Ma come, lo vendi e non sai nemmeno com'è.”
“Io non fumo. Le canne intendo, non le fumo.”


Mi unisco al poeta che scrisse:
“Ho visto le menti migliori della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate, nude, isteriche...”

“Che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su
imbottiti a fumare nel buio soprannaturale di
soffitte a acqua fredda galleggiando sulle cime
delle città contemplando jazz”
(Urlo di Allen Ginsberg)


E noi, Pietro, non siamo una cattiva luce.