giovedì 13 giugno 2013

Edificio 17A - Compassione


                                      
Umberto abitava vicino al negozio. Ultrasettantenne. Basso, tracagnotto. Ancora un torello. Con un modo di chiacchierare incontenibile. Spesso prendevamo il caffè insieme. Mi raccontava le sue passate storie di camionista. Tutte al limite del credibile. Come il vantarsi delle sue performance sessuali. Adesso passa raramente da queste parti. Oggi è venuto a trovarmi. Sapeva già tutto del mio stato. Adesso abbiamo qualcosa in comune. Anche lui ha una colostomia, e da parecchio. Sbottonando la camicia e aprendo i pantaloni, tutto baldanzoso, ha voluto mostrarmi il suo sacchetto. Vantando il fatto che il suo è più grande del mio. Naturalmente, nello stile di Umberto, con inevitabili allusioni al sesso. Dice che ormai si è affezionato alla stomia. Non la vuole tolta. Che il maneggiare le proprie feci non gli da fastidio. All'inizio, come è successo anche a me, non riusciva nemmeno a guardare la ferita. Adesso si è reso indipendente e fa tutto lui. Mi comunica, inoltre, che ancora gli funziona. Parlandone in terza persona e toccandosi.
Non fa più scintille, ma fa il suo dovere”
Insomma due malati che si incontrano e condividono i loro problemi quotidiani. Mi ripete più volte che deve andare a consulto dal dottore che lo segue. Alla fine prima di andarsene ci siamo abbracciati a lungo.
Come dice il Budda: Quando sei accanto a una persona che soffre, e non sai come consolarlo, basta appoggiare una mano sulla sua spalla. In silenzio.
Noi lo abbiamo fatto reciprocamente.


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