lunedì 14 luglio 2008

Milano 17 Giugno: Radiohead


Sarei pazzo a non seguirti. Inutile riascoltarli a casa. Dal vivo, dal vivo, che esperienza! E ti ho seguito, ti ho seguito fino a Milano. Presuntuoso, ti ho detto “Porterò un pò del sole del sud”. Prendere l'aereo ogni volta è affrontare la paura del volo. Ma o si ha paura, o si vive. Ogni volta scelgo di affrontare con paura ma ad occhi aperti. Pronto e senza rimpianti. E volo. Milano ci accoglie grigia e piovosa, il suo abito preferito. Un pò di riposo disteso sul letto. Minchia silenzio... giuro che ero quasi disturbato dal silenzio. Mi addormento aspettando un urlo, un colpo di clacson, il rumore di una saracinesca. Almeno un “tunz... tunz... tunz...” da uno stereo... nulla. E dormo . Al risveglio con Davide andiamo a mangiare in un ristorante giapponese. Non mi chiedevo cosa mangiavo, ma le sensazioni del cibo. Cibo da mangiare con gli occhi e vedere con il palato. Senza chiedere spiegazioni. Un esperienza totalizzante, non solo semplice mangiare.
Faccio un pò il turista, con la macchinetta fotografica sempre pronta. Poi Bacon. Una mostra di Francis Bacon. Una ottantina di quadri che mettono a nudo le nostre cicatrici interne. Meno male che non c'era Davide, perchè avrebbe visto le lacrime richieste al concerto. Mai dargli soddisfazione! Siamo uomini mica quaquaraquà. Che cazzo!
Ancora frastornato all'uscita incontro Davide. Poco convinto seguo la sua indicazione e vado a vedere “L'ultima cena” una installazione (?) di Peter Greenaway. Vado. All'uscita ho avuto una sensazione strana. Il piacere che monta con il passare del tempo. Come se le sequenze ritornassero alla memoria. Dandogli alle volte anche un senso.
Ma noi siamo qui per il concerto. Sotto la pioggia arriviamo all'Arena Civica. Fila enorme davanti a noi. Cancelli ancora chiusi. Piove e i piedi nel fango. Poi conquistiamo la nostra postazione. E... da qui non ci si muove. Una birra? No, no, non hai capito: da qui, non ci si muove. Il cielo sopra di noi è plumbeo. Ogni tanto incrociamo gli sguardi per sottolineare i lampi. Per un pò non piove, poi quasi a ricodarci che non si era dimenticata di noi la pioggia ricomincia. Per rifarsi, qualche minuto grandina. Mando da questa ”merda” di città, come ripeteva spesso il Maestro. un sms a Filippo.“Piove e ogni tanto grandina anche”. “Beati voi, qui scirocco e caldo insopporatabile” mi risponde. E qui, in questa città tanto ben descritta dal Maestro, qui, piove.
Finalmente arrivano i Radiohead e il cielo si apre per ascoltare meglio e non piove più. No, seriamente, non ha più piovuto. Per tutto il concerto. Li adoro questi ragazzi. Eccezionali dal vivo. Rivedo Bacon nelle loro facce proiettate ingrandite. E la scenografia, con quelle luci da baraccone da fiera, conquista una sua dignità. La schiena me la sento a pezzi e i piedi stanno sempre più stretti dentro le scarpe. E danzo, come fosse l'ultima volta. Con i Radiohead. Perchè voglio assaporare tutto. Per portarmi via il più possibile di tutto ciò. Dei suoni. Dei volti. Dei diversi odori di fumo, ma anche di erba. Dei Radiohead. Di Davide sorridente. Dell'abbraccio prolungato con Brembi. Di Tom. Ma dai, perchè no? Anche del risultato delle due partite di calcio. Della gentilezza del cielo milanese. E conservarli per farne carne di questo passaggio.

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