La
possiamo definire una giornata di merda? No, non rende abbastanza
bene l'idea. Da giorni chiedo di avere un consulto con un chirurgo.
Invece, di prima mattina, quando passa il dottore, iniziano le
battaglie. Lui sostiene che le medicine della mia terapia devono
darmele loro. Non cedo. Gli dico che se le gestisco io è molto
meglio. Poi chiedo di nuovo del chirurgo. Stupito chiede:
“Perché,
ieri non è passato?”
Quasi
lo bacerei per l'innocenza che mostra. Naturalmente no, non è
passato. Mi parla di una nuova TAC, di una visita urologica e di non
so cos'altro. Anch' io ho imparato a non ascoltare.
Mi
mandano dall'urologo. A fare cosa non si sa. Mi cambiano solo il
sacchetto della nefrostomia. L'infermiera che lo ha eseguito la
sostituzione, dopo qualche ora sarà sepolta da tutte le maledizioni
che conosco. Il sacchetto - fissato male - perde urina. Mi accorgo
del danno quando i pantaloni e la giacca del pigiama sono già
inzuppati. Qui parte la prima raffica di imprecazioni. Devo cambiarmi
completamente, darmi una sciacquata. Esco dal bagno con indosso il
solo pannolone. Arrivato a metà stanza, rivolto ai presenti tiro
fuori un vecchio slogan pubblicitario.
“Scusate,
di solito vesto Marzotto.”
Mi
rivesto. Sono stanco e anche un po' avvilito. Ma bisogna resistere,
giusto?
Allora
prendo i quaranta centesimi che ci vogliono per un caffè. Scendo a
pianterreno. Metto le monete nella macchinetta. Non mi da' il caffè,
ma mi restituisce trenta centesimi. Torno su continuando a maledire
l'infermiera. Faccio per prendere la bottiglia dell'acqua, ma mi
scivola dalle mani e se ne versa un po' sul computer. Tento
disperatamente di asciugare con dei fazzolettini di carta. Proprio in
quel momento - quello più sbagliato - arriva il chirurgo. Mi fa
sdraiare su letto. Gli dico che il mio piccolo fiore rosso si è
trasformato in un pomodoro maturo. Lui si mette i guanti e comincia
ad armeggiare spingendo il dentro il budello.
“Più
che un pomodoro, mi sembra un cachi maturo,” commenta.
Mi
raccomanda di rimanere disteso e di tenere del ghiaccio sul fiore
rosso. Sono perplesso, ma è lui l'esperto. Io sono solo uno che
quando prova a distendersi ha dolori lancinanti. Intanto finisco la
telefonata con Maurizio... già interrotta tre volte in tutto questo
caos.
Il
computer è bagnato ma ancora acceso. Mi affretto a controllare le
varie funzioni. Proprio come temevo! Alcuni tasti non rispondono più.
Certi caratteri della tastiera sembrano defunti.
Mi
dispero. Il computer è di mio fratello. Non solo. Adesso mi sento
veramente prigioniero della situazione, con i tenui legami
informatici con l'esterno recisi. Soprattutto non posso continuare a
scrivere. Questo mi fa stare male, fino alle lacrime. Se non
scrivo... che cazzo faccio? Scrivere di quello che sto vivendo fa
sembrare tutto più sopportabile. Pensare che non avrei più potuto
farlo mi deprime in modo indescrivibile.
Filippo
ha messo mano al computer e in parte ha accomodato le cose in modo
che - sebbene zoppicando - posso continuare a scrivere.
Una
giornata di... come potremmo definirla?
1 commento:
Tieni duro, arrendersi o lasciarsi andare è molto peggio. So che lo sai... ma sentirlo dire aiuta anche me. Molto più delle mille psicologhe finte o delle volontarie che passano ogni giorno.
Posta un commento