lunedì 28 dicembre 2009

martedì 22 dicembre 2009

Buone feste?



Non porto doni perché i doni sono segno di abbondanza. Non mi è abbondato nulla quest'anno. Se non consideriamo la voglia di rivolta.

domenica 15 novembre 2009

Il Principe




La voce bassa e impostata. Scandisce ogni singola parola. Il Principe mi ha invitato a cena. Detto da lui ”Questa sera sei invitato a casa mia, a dividere un boccone, porta, vino dolce e biscotti secchi”. Da tempo mi aspettavo un suo invito. Partecipare ad una sua cena fà riscoprire la gioia del palato. La sua cucina mediterranea, con sconfinamenti anche oltre con un retrogusto arabo. Cena in piedi. Siamo una decina di persone. La tavola al centro della stanza è imbandita. “No, il bicchere di plastica! quello è solo per l'acqua. Per il vino usa quello di vetro”. Dettomi con tono di rimprovero. Poi prosegue il giro turistico di casa sua. C'è sempre qualcuno che ancora non l'ha fatto. Il Principe introduce il nuovo ospite mostrandogli casa sua. No, non ve la descrivo. Ma giuro: vale la pena farsi un giro. La stanza da letto, il bagno, la saletta da lettura, il salone, la stanzetta degli ospiti, la stanza da pranzo, la cucina. Il Principe, da guida esperta, ti mostra casa sua, e tutto appare quasi come un pop-up uscito da un libro di favole. Angoli fatati dove il tempo sembra sospeso sono sparpagliati per tutta la casa.
Tutto è altro. Non semplice vino ma “Preso in una cantina che conoscono in pochi”. Tutto è altro. Fagioli e salsiccia. “Non sono fagioli e salsiccia”. Il Principe è geloso delle sue ricette. Non le svela facilmente. Se gli chiedi : “Questi fagioli come sono fatti?”, lui sorseggia del vino dal suo bicchere da sommelier, che tiene appeso al collo, si gira e non risponde. Solo lui può decidere quando donarti una sua ricetta. Al limite ti elenca distrattamente gli ingredienti. Fagioli borlotti, un pugno di cannellini, delle patate passate... “e cosa, che nessuno, di voi, ha notato, lardo di colonnato, e degli aromi, che non ho, intenzione, di dirti”. Ogni ingrediente viene sottolineato con un gesto della testa.
Contorno due fettine di polenta (non ricordo ma aveva anche questa qualche particolarità) con funghi raccolti forse in una notte di luna piena, stando su un piede solo. E' questo che dà un sapore caratteristico. La polenta dopo cotta è stata passata al forno e tagliata a listarelle. “Mi sembra semolino” mi ha guardato con gli occhi storti.
Tutto è altro. Non “canazzo” ma “ratatouille”. “Stò dando perle ai porci! Canazzo?! Questo, è ratatouille! Ogni verdura, é stata, soffritta a parte, prima di unirle tutte insieme. Ma che ti spiego a fare? ”. Accostamento di colori e taglio delle verdure perfette.
Tutto è altro. Non maionese, ma una salsa fatta con due tipi di olio. Olio di arachidi e olio di oliva extra vergine, tuorli, aceto bianco e un aceto balsamico “che nemmeno, ti dico dove l'ho preso”. Limoni, curcuma e zucchero. Al mio “Maionese!” mi risponde che sono ignorante. Questa maionese, per semplificare, avvolgeva patate bollite spruzzate di prezzemolo ed erba cipollina. Prezzemolo ed erba cipollina “Tritati, fini, fini, fini. No, non li ho frullati. Non si frullano. Devono essere tritati, con un coltello. Ma, fini, fini, fini”. Una delizia. Mentre si mangiano, lontano si sente un leggero sapore di affumicato, poi si scopre che quelle sfogliette morbide provengono da una scamorza affumicata. La bocca resta fresca quasi si fosse mangiato un sorbetto.
Tutto è altro. Lui aspetta che qualcuno gli chieda di farlo. Quando l'invito arriva il Principe alza entrambe le mani con i palmi verso l'esterno a coprire il viso, mentre va chiudendo le mani a pugno. “No, non, mi, sento” dice mentre sa già che accetterà. Alla fine si avvia verso il pianoforte. Dopo un po' di manfrina inizia a suonare. Non me lo aspettavo. E' bravo davvero, il Principe, il cantante di questa sera un po' meno.

giovedì 12 novembre 2009

“Và ieccati”




Al suo passare gli gridano dietro “Và ieccati” . Loro schegge di una tribù a noi conosciuta. Loro appena usciti dalla “villeggiatura”. Loro con le compagne ai domiciliari. Loro che scassano i timpani, stazionando tutto il giorno nella piazza. Loro che al passare di Peppuccio divertono il loro povero spirito gridando “Và ieccati”. Perchè Peppuccio per loro è spazzatura da buttare. Peppuccio alcolizzato, che vive chissà come in un tugurio. Peppuccio è un signore. Un nobile d'altri tempi, un nobile anarchico amante del vino. Non disturba nei suoi deliri, si apparta per piangere. Si copre la faccia e piange. Scuote le spalle. Singhiozza. Poi si riprende lancia il suo sgraziato urlo di battaglia (?) e riprende la sua strada. Loro urlano giusto per essere. Alla deriva in mezzo al mare, che puoi fare? Urli. Inveendo verso chi sembra meno fortunato di te. Non avendo altre capacità urlano, anche per sentirsi migliori. Migliori di Peppuccio? Non certo per il mio riposo pomeridiano. Peppuccio sarebbe passato seguito, sempre da lontano, da Killer non disturbando nessuno. Loro cercano qualsiasi occasione per lanciare un urlo.
Accarezzo con il piede Giuggiola. Al mio tocco apre occhi. Spalanca la bocca in un enorme sbadiglio. Per un attimo ci fissiamo. Suona la sveglia. Mentre penso “e anche per oggi...”

mercoledì 4 novembre 2009

Francesca




Non so chi sia Francesca. Ma lui la chiama quasi giornalmente. “Francè” con la “e” più o meno strascicata. E lei non risponde. Lui si infervora e il suo urlo quasi si strozza. Dopo una decina di minuti finalmente lei si affaccia al balcone. Ora dico io se l'hai chiamata con tanta insistenza, perchè poi gli chiedi “Ma unn'eri”. Dove eri? Quindi hai urlato per quasi dieci minuti per sapere dove fosse? E poi... niente, poi parto con le mie fantasie. Cose da fantascienza, racconti di un futuro molto lontano, quando per chiamare la moglie basterà un gesto. Vicino al portone dove si abita verrà installato un marchingegno con un bottone da schiacciare. Appena il bottone viene schiacciato in casa si sentirà un suono. Nella versione più evoluta alle volte, per mezzo di uno strumento adatto, ci si potrà anche parlare come al telefono. Ma qui nella Vucciria del 2009 siamo ancora lontani da queste innovazioni. Il futuro è ancora lontano. Mentre si fanno sempre più vicine le quattro del pomeriggio. Giuggiola, la mia gatta, oggi è riuscita a dormire. Ai piedi del letto completamente abbandonata quasi russa. Mentre io maledicendo lui che gridava e Francesca che non rispondeva. Cerco di raccogliere le forze per alzarmi ed andare a lavorare. Non dando soddisfazione alla sveglia di fare il suo ruolo mi alzo prima.
Giuggiola sbadiglia e poi prende un'espressione incuriosita. Io anche per oggi non ho riposato.

lunedì 2 novembre 2009

L'attore




Il foglio di carta recita che quella è la sede di un'associazione nata per produrre film. E' attaccato ad una saracinesca. Non sono mai riusciuto a leggerlo tutto per intero. Lì staziona la tribù delle bionde. E una curiosità eccessiva non è a loro gradita. Una volta, cosa che capita di rado, la saracinesca era alzata a metà. Passando ho dato una sbirciata ed ho visto all'interno delle slot-machine. Solo slot-machine. Il presidente dell'associazione naturalmente è l'attore della famiglia della tribù delle bionde. Anni fà partecipò ad un film di un certo successo. Film che raccontava cose non molto distanti dal mondo della sua vita quotidiana. Ha lavorato, saltuarialmente, facendo altri film. Alcuni nemmeno andati in distribuzione. Lui comunque è l'attore, e si atteggia a uomo vissuto. Sfoggia l'auto blu metallica posteggiandola al centro della piazzetta. Lucida lucida. Non la piazzetta, che anzi è perennemente sporca, ma la macchina. Parla di quel film dove è protagonista. Annunziando la prima in un paesino vicino Napoli. Con tanto di locandina del film appesa sulla vetrata del barbiere della piazzetta. “Grande presentazione del film...” con l'indicazione del cinema, scritto con un pennarello nero. Sfoggia un italiano non suo. Proponendo con tono convinto un brano musicale. E mettendo il volume dello stereo della macchina a tutto volume. In modo che, non solo chi è nella piazzetta ma, l'intera Vucciria senta il brano. Fà partire la “Primavera” di Vivaldi. Alle tre e dieci di pomeriggio, di un normale giorno lavorativo.
La mia gatta mi guarda con gli occhi sbarrati. Anche per oggi non si riposa.

venerdì 30 ottobre 2009

'u toccu





Pensavo fosse sparito mentre invece lo fanno ancora. E sotto casa mia. Un gioco fra uomini. Una sfida e una punizione. Con regole astruse, dove chi viene dichiarato “patruni” non gestisce nulla, mentre “u sutta” comanda. Ho partecipato una volta sola, tantissimi anni fa, senza capirci niente ma bevendo parecchio. Mi coinvolse mio fratello insieme a suoi diversi amici. Il gioco. Si fa di solito in taverna o in alcuni bar. Naturalmente le donne non partecipano. Solo uomini. Sei otto uomini, seduti attorno ad un tavolino a contendersi della birra. Per mezzo della conta vengono decisi i ruoli di “sutta” e “ patruni”. Da qui parte il gioco. Basato sul far bere o no qualcuno dei giocatori. Non si rifiuta l'offerta di bere né si può chiedere da bere. Tutto qui. Quasi un gioco antico tornato in vita. Qui, proprio sotto casa mia.
Tra le due e le quattro del pomeriggio. Quando vorrei distendermi e riposare un'ora. Invece mi arrivano le loro voci. Seguite dallo strascicare delle sedie di plastica. Poi per alcuni minuti sembra che parlino tutti assieme. Un attimo di silenzio mentre fanno la conta. E inizia il gioco e finisce la mia possibilità di riposo.
In tutta quella serie di bottiglie di birra è concentrata tutta la loro orgogliosa virilità. All'indirizzo di chi per quel giro non beve vengono lanciate una serie di battute. Come se al malcapitato venisse sottratto del testosterone. Sghignazzi e applausi. Urla quasi strozzate. Rumore di bottiglie. La classica barzelletta che fa scaturire una risata collettiva con contemporanea sbattuta di mani sul tavolino.
Anche la mia gatta sembra disturbata. Anche per oggi non si riposa.

mercoledì 30 settembre 2009

Mutu cu sapi u iocu




Potrei colpirlo al cuore. La squadra del Palermo. Senza sporcarmi le mani. Bloccare una partita. Gli verrebbe sicuramente un infarto. Potrebbe essere una soluzione. Invadere il campo? Da solo non funzionerebbe. Eliminare la palla? Ma quelle sono come i papi. Tagliatone uno ne ributtano in campo un altro. Ne pagherei comunque le conseguenze.
Forse dovrei trovare un modo diverso. Allora... se lui è un mio ostacolo è sicuramente dentro di me. Altra postilla: l'unica possibilità che ho è cambiare me stesso. No, non mi metto davanti allo specchio ripetendo “E' morto, Lui è morto”. Comunque ci deve essere un'azione da parte mia. E la pancia recettiva.
Non impiegherò quaranta anni come con mio padre. Ritrovato finalmente a me simile. Un uomo, non papà, né il mito, né pori otturati dal grasso dei motori, fragile e forte come tutti noi. Ed ho sentito un onda d'amore nei suoi confronti salirmi dalla pancia. Ho sentito di essere libero.
Qui il mio viaggio per il Maestro non è lo stesso ma con gli stessi fini. Iniziando con una medaglia, che non ha un lato A e B, ma due facce con la stessa importanza. Non pensate che sia stupido pensare ad una rivalità fra bianco e nero? Sono ambedue parte di un “uno”. Come noi e la nostra vita. Il difficile è “vedere”. Bisogna allenarsi.
Pesare e valutare. Senza pietà. Immedesimarsi, al posto suo sarei stato migliore? Con il bene e con il male. Davvero avrei fatto meglio?
Il problema è il Maestro. In una raccolta di racconti zen lessi di due monaci che stavano ritornando nel monastero. Passati per un villaggio si fece loro incontro una donna molto attraente. Questa si avvicinò ai due con fare molto sexy (no, sul testo originale non usavano questa parola). I due frati riuscirono ad allontanarsi. Arrivati dentro il monastero uno dei due monaci disse all'altro che quella donna li voleva turbare, che era stata sfrontata nei loro confronti. L'altro rispose “Ma il problema non è lei. Perchè io ho lasciato quella donna nel suo villaggio. Tu, parlandone ancora, te la sei portata fin qui”.
Penso che risolverò presto la questione con il maestro.

lunedì 24 agosto 2009

Il piano




“L'amore è qualcosa di più che l'essere aperto semplicemente allo sperimentare l'angoscia della sofferenza altrui. E' la buona volontà di vivere con la conoscenza impotente che non possiamo fare nulla per risparmiare agli altri il dolore.”
Sheldon B.Koop
“Se incontri il Buddha per la strada uccidilo”
1975 Astrolabio



- Se siamo arrivati alla citazione, siamo proprio alla frutta. Lo hai riletto almeno?
- Leggiucchiato, più che altro.
- E allora...?
- Ci sto pensando non è semplice.
- Chi ha parlato di cose semplici. O diventi pellegrino fra pellegrini, oppure prepari un piano d'uscita. Sta a te decidere, la tua vita te la devi sfogliare da solo.
- Non cominciamo con le prediche. Sono ancora confuso, sto valutando la cosa. Ci fantastico sopra...
- Perdi tempo...
- Ma no! Devo digerirla la decisione, per poi attuarla.
- Il piano. Devi prepararti l'occasione...
- Ma non avevi detto pellegrino fra pellegrini o...? Sembra che tu abbia deciso per me...
- Siii na minchia! Ma, no di mari, coma a iddu!
- Oouuù, non è che qui, qualcuno vuole prendersi il posto di qualcun altro prima ancora che sia vuoto? Mi dai questa impressione, sai?
- Te lo dicevo io. Perdi tempo, aspetti e nell'attesa fantastichi. Stai ingannando te stesso.
- Sto valutando. Nessuno è perfetto...
- Bla bla immedesimarsi bla bla compassione bla bla. Comunque... In una cosa sono d'accordo con lui. Siii na negghia.
- Già sentita. Sai fin da piccolo, e fin da allora pensavo a questo modo di dire. Non conoscevo nè avevo mai visto la nebbia. Avevo solo la sensazione che si riferisse a qualcosa di confuso, vago, intorpidito è soprattutto inutile.
- Ho torto? Dimmi che ho torto. Divaghi inutilmente. Deciditi....
- ...
- Ma sogni più?
- Cosa?
- Sogni ne ricordi più?
- Che intendi...?
- La notte sogni? Te li ricordi quei sogni?
- Non più come prima. Come se mi fossi arreso a qualcosa dalla quale non c'era bisogno di difendersi. La sensazione di essere comunque vinto o perso. Che sogno a fare?
- Un sasso nel deserto arresosi al vento... che minchione che sei. Un vero minchione con il bollo!
- Stasera aperitivo?
- Sì, certo!
- Io verrò più tardi. Non posso più fare gli orari di prima. Ci penso e preparerò una strategia adatta.
- Non ci credo, ma ci voglio sperare. Ciao
- Ciao.

giovedì 20 agosto 2009

Premeditazione




“E se fossi tu?”
“Io?”
“Sì tu, a chiuderti dentro e lasciare il mondo fuori? A non lasciar trasparire le emozioni?”
“Ma no, anzi alle volte mi sembra proprio il contrario”
“Come tua madre, come lei con questo legame con il cibo...”
“Io...”
“Quest'affettività subblimata nel cibo, quante volte ne hai parlato. Ricordi, le cene conservate per te, pur sapendo che mangiavi altrove? Hai mai riflettuto sul significato? O pensavi fosse una cretina?”
“Non ho mai sostenuto questo...”
“Limitata, più precisamente.”
“Ma finiscila...”
“Dovresti continuare un certo percorso interrotto...”
“Senti, sono stanco, sono abbuttato, non ho voglia di ricevere lezioni.”
“In verità sei solamente deluso, ti senti vecchio, e vinto...”
“Ma vaffanculo!”
“Nasconditi, nasconditi. Ricordi: ammuccia, ammuccia, ca tuttu appari. Nascondersi non serve a nulla. Devi ucciderlo, perchè il mito falsa la vita. Sto cazzo di persona la devi eliminare”
“Seee, ora divento un killer...”
“Totò, lo sai cosa intendo, so che ne hai paura, ma devi farlo. E lo sai anche tu.”
“Minchia coincidenza...”
“Cosa?”
“Angela, l'altro ieri, mi ha ritornato il piccolo principe e quel libro di Kopp”
“E allora...?”
“Il titolo, il titolo del libro”
“???”
“Se incontri il Buddha per strada ucccidilo”
“Ecco!!! Rileggilo poi ne riparliamo”

lunedì 17 agosto 2009

La sparizione




La mia difesa aspettata non era arrivata. Comunque, penzolava la rosa fra le sue mani.
Al ritorno dalla trattoria il Maestro indica di girare per un vicolo laterale.Volendo ignorare qualcuno. Quello stesso che lui voleva evitare lo chiama per nome. Saluti e convenevoli. Io mi distraggo. L'altro gli chiede se avesse letto il suo libro. So che non lo farà, mentre gli indica una invisibile pila di libri da leggere. E la promessa che sì, lo leggerà. Io continuo a distrarmi e scatto qualche foto. Il saluto, con una stretta di mano e via. Appena ci allontaniamo un pò il Maestro mi rimprovera di non aver preso le sue difese. Agita la mano con la quale tiene la rosa. Quello gli aveva parlato con tono amichevole di un critico teatrale. Lo stesso definito qualche giorno prima “sbarazzino” dal Maestro. Avrei dovuto intervenire appena si fosse citato il critico sbarazzino. Io invece mi ero distratto. Mi scaraventa contro tutte le risposte che avrei dovuto dare e non ho dato. Concludendo con:
Si nà cosa inutile.
Indicandomi ogni volta con la rosa, diventanta un prolungamento del suo braccio.
Si nà cosa inutile.
Intercalato fra una sua proposta di risposta da me non data e l'altra.
Sfogatosi e avvilitomi fino allo sfinimento rivolge la sua attenzione di nuovo alla rosa. Che gli ho donato per il suo compleanno. Avvicinando la rosa al suo viso le
parla piano, in una lingua strana, una nenia cantata sottovoce. Felice del comprensibile segno che recava, anche se la mia difesa aspettata non era arrivata.
Poi il mestro sparì. Sparì e io non scrissi più nulla.

lunedì 6 luglio 2009

Marianna




Avuto l'età uscii dai tuoi occhi
rimanendoti dentro sempre bambino
e lì non era casa
Avuto l'invito salii quelle altre ginocchia
poggiai la testa e lasciai le ali
ma lì non era casa
Lasciai andar giù la colt rossa
dall'alto del quarto piano
e lì era casa
Lasciai cadere le mie difese partendo
per strade irte ma con un cuore
perchè lì era casa
Ascesi all'amore sprovveduto come tutti
come tutti, ferito e orgoglioso
e senza casa
Ascesi e poi giù rovinosamente
com'è corretto mi rialzai
e senza casa
Lui avrebbe detto il legame è edipico
o ruggisci come un leone o da questo fuggi
Non so cosa avresti detto tu
al mio capo chino
non ho esperienza di tue carezze
Non ho esperienza
e sono ancora senza casa
e adesso anche senza te

mercoledì 3 giugno 2009

No! Vedi, così non và




“No! Vedi, così non và”.
Ascoltavo con il cuore in una morsa. Non và? Io trovavo bello il pezzo, ma il Maestro aveva da ridire. I maestri sono buoni se riescono anche a farsi odiare, dicono. E io mi ritrovavo, per come mi sentivo, con un ottimo Maestro. Il mio guru, il mio don Juan. Che distruggeva un mio racconto. Oh cazzo! Fanculo se mi dice che non va bene. Fanculo gli accenti di quà non di là. A me piaceva!
Avevo un sogno... lui scientificamente lo distrusse. Non sostenevo avesse torto, ma... poi mi ricordai che “u mericu piatusu fà...”
Gli dò ragione e lo odio.
A pranzo insieme. E lo odiavo.
“Quello non è un personagio compiuto. Non si capisce di cosa parli.”.
Mangiavo e ripensavo alle sue critiche. Ingurgitate in fretta e poi bloccatesi nella digestione. Il tentativo di umanizzarmi venne bloccato con un:
“Qui non facciamo analisi!”.
E li morii.


Poi le parole divennero pesanti da tracciare e fu il silenzio. Non avevo obblighi ed ero troppo occupato a tirarmi fuori da un buco nero. Vuoi altre giustificazioni?
Ma le storie si vanno accumulando in testa. Qualcuna pressa per essere scritta. Prima o poi avrà vita. Se rivivrò...

venerdì 17 aprile 2009

Come stai, Totò?






- Non è il Nirvana. Non mi sento illuminato. Ma non ho più paura.
- Totò chi ti fumasti?
- Ora vedo distintamente il superfluo dal quale sono circondato. Le illusioni che fanno tirare avanti la carretta. Quella carota che nasconde sempre il peggio.
- No, Totò dall'inizio. Inizia dall'inizio. Cazzo hai?
- Ho tutto chiaro e non mi chiedo neanche più perchè. O visioni di un futuro potenzialmente meraviglioso, ma invece orribile.
- Secondo me sei sul depresso andante. No?
- Ti ripeto non ho più paura. Perchè certo che sarò terra, acqua, aria e fuoco ancora. Svolgimento di un onda antica.
- A me sembra che tu sei partito con la testa...
- Tutto in pastello ti si presenta all'inizio. Circondato comunque d'affetto. Nascondendoti il futuro carogna. A piedi scalzi solcare la via, con l'ultima sensazione di libertà. Tanto da esporre i desideri più nascosti. Poi intuisci qualcosa e cominci a mentire. E da solo affronti come legarsi le stringhe. Da solo, come da soli i racconti dei ragazzini diventano incubi persecutori. Ma più avanti c'è lo spazio anche per te, almeno credi. Ti sposti, avanzi e arretri e poi avanzi ancora...nella continua immobilità.
- Totò sai che ti dico? Vado in taverna. Il vino è più saggio.

martedì 3 marzo 2009

Lista della spesa




una retina per contenere la rabbia
un salvadanaio dove raccogliere le offese
una pistola ad acqua per i momenti bui
un cd vuoto per le possibilità
filigrana per ristampare i sogni
tè verde per rinsaldare la speranza
per oggi basterebbe
se non avessi desideri.

mercoledì 11 febbraio 2009

The English teacher




Era severo, il professore d'inglese. Un pò british nel suo completo grigio con ombrello intonato. Con il suo caratteristico incedere claudicante. Autoritario in classe: guai a chi parla! Ma era stronzo il professore d'inglese. Riina era veramente molto effeminato e gli sberleffi che non facevamo noi compagni di classe li faceva lui. Sottolineando quella mano morbida che attraversava l'aria come una farfalla. O quella posa, con una mano appoggiata al fianco. Era bravo Riina sempre preparato in tutte le materie. Solo in educazione fisica aveva enormi difficoltà. Mentre il professore era bravo nell'insegnarci la sua materia, ma nella vita avrebbe avuto lo stesso voto di Riina in educazione fisica. Ma lo appresi dopo. Anni dopo. Il severo professore d'inglese. Ancora con quell'aria british. Anche all'interno di un cinema porno. Dove l'incontrai, e dove mi corteggio. E dopo nudi a letto gli ricordai Riina. Che non lasciò in lui ricordo. Ma lui lo portava dentro reprimendolo. Non riconoscendo la fratellanza che lo univa a quel ragazzo effemminato

lunedì 5 gennaio 2009