Sergio
aveva deciso di prendere un cucciolo di cane. Il nostro era il primo
tentativo. Se non proprio una casa famiglia, una minicomunità.
Tre ragazzi, io e un'altra persona a badare in qualche modo a loro.
Sergio spuntò con il cucciolo. Era deciso a tenerlo. Un
cucciolo! Sapete cosa vuol dire? Un produtttore di pipì e
cacca. In notevole quantità. Giornali ovunque a tamponare
tutta la piscia del canuzzo. E cacca sparsa.
Non
c'ero entrato per parecchi giorni. La stanza di Sergio aveva la porta
chiusa. Una mattina dovevo svegliarlo per andare a lavorare e ho
visto il pavimento. Una scacchiera di cacca.
“Ma
come fai a starci? Non si può camminare senza pestarne una.”
Lui
si alza dal letto e facendo una strana danza arriva davanti a me
senza pestarne una. Poi, a riprova, mi fa vedere come fa a tornare
indietro. Compreso il salto finale per atterrare sul letto.
“Dovresti
pulire...”
“A
parte un poco di puzza, così è più divertente.”
Abitavo
in via Chiavetteri. Era Domenica, giornata libera dal lavoro. Io la
dedicavo a fare le pulizie. Volevo spolverare un mobile alto. Salii
su una sedia. Scivolai e caddi sulla mano sinistra. Sopratutto il
mignolo. Il dolore mi accecò. Dovetti correre in bagno per
vomitare. Presi una molletta e le tolsi la molla. Con i due pezzi
fasciai il dito tenendolo dritto.
Il
giorno dopo avendo ancora un forte dolore andai al Pronto Soccorso
del Buccheri La Ferla.
Quando
giunse il mio turno le persone che avrebbero dovuto soccorrermi
parlavano di ferie. Mi fasciarono il dito con un occhio al
calendario. Mi bloccarono il mignolo piegandolo. Dopo diversi giorni,
continuando a sentire dolore, mi decisi ad andare da un ortopedico.
Appena vide il dito mi disse che c'era un tendine spezzato e che mi
dovevo operare subito. Mi sono operato. Il dito, anche dopo la
fisioterapia, è rimasto piegato proprio come lo avevano
medicato al Pronto Soccorso.
Potrò
mai dimenticare quei discorsi sulle ferie?
Fine
anni cinquanta. Abitavamo in uno stabile di corso dei Mille.
L'appartamento era grande, ben cinque stanze più i servizi.
Eravamo però due famiglie in una casa. Certo, ci stringevamo
un poco. Mia nonna con i suoi cinque figli più noi... si
arrivava a undici persone. Io dormivo in una stanza dove c'era un
lettino ed un letto matrimoniale. Nel primo ci dormiva mio zio Nino.
Nel secondo ci dormivamo in tre. Pino e mio zio Franco dormivano con
me sdraiato ai loro piedi. Per me non era una sistemazione ideale.
Nella stanza c'era un piccolo tavolino accostato al muro e tre sedie.
Le sedie, la sera, venivano adoperate per appoggiare i vestiti.
Questi vestiti al buio mutavano. Si trasformavano in mostri
spaventosi pronti ad attaccarmi. La soluzione era quella scontata.
Mettere la testa sotto il lenzuolo. Sopportando la puzza di piedi.
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