Io
attraverso il computer, attraverso la musica... fuggo. Il corpo è in
questa stanza del reparto oncologico, la mente viaggia per altri
lidi. Quasi una felice demenza che alleggerisce l'anima. Mi perdo in
vecchi ricordi, vado lontano, faccio virate improvvise... come le
rondine che volano fuori della finestra. Jalal cerca di continuo di
attirare la mia attenzione per... non dirmi nulla. Solo per avere gli
occhi addosso, riportandomi tra queste quattro mura, praticamente di
forza. Gli dico che scrivo, che ho bisogno di concentrarmi. Lui
sorride, finge di capire. Riprendo a scrivere. Dopo poco, agita le
mani davanti alo schermo. Tutto per ripetermi le insensatezze già
dette.
“Jalal,
sto scrivendo! Capisci? Scrivere?”
Fa
cenno di sì con la testa.
“Per
scrivere devo concentrarmi. Devo pensare. Se tu mi chiami
continuamente, mi distrai e non posso scrivere.”
Sorride
come un ebete. Da schiaffeggiare. Spero abbia capito. Riprendo a
scrivere, ma non vado avanti per molto. Mi batte su una spalla. Gli
dico che non lo sento con gli auricolari per la musica nelle
orecchie. Mi fa segno di toglierle. Il mio tono comincia a cambiare.
Sono incazzatissimo. Mi sforzo di spiccare il volo, ma una zavorra
inattesa mi riporta sempre a terra. In questa maledetta stanza, con
tutto il peso della malattia sulle spalle. E quell'eterno sorriso
ormai diventato fastidioso...
Non
ne posso più. Urlo:
“L
A D E V I S M E T T E R E!!!”
“Io
che fatto?”
“Non
devi disturbarmi più! Quando sono al computer, non devi rompermi le
scatole. Capisci?”
“Io
no disturbare.”
“Nooo,
sei una rottura di coglioni!”
Questa
frase è stata più chiara della metafora delle scatole. Da qualche
giorno, quando sono al computer mi sta finalmente lontano.
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