mercoledì 26 marzo 2008

Fierezza




Mi vengono incontro minacciosi. Io cercavo solo cibo. Sono venuti in tre a cacciarmi. Uno è rimasto in disparte. La fame mi ha fatto esporre troppo. In due si chinano e battendo i palmi delle mani sul pavimento procurano un rumore insostenibile. Quasi un rito tribale. Di caccia e morte. Rito nel quale io sono la vittima. Giocano duro, chiudono la porta. In questa stanza non ci sono altre uscite.Cerco di ricordarmi la strada del ritorno. Tutto questo chiasso mi confonde. Mi circondano. Non riesco a trovare la strada, sola una fuga fra gambe divaricate. Indicandomi urlano. Mi sento incastrato. Frastornato e indeciso resto un attimo immobile. Dall'alto un piede pesante, veloce si abbatte su di me. Nell'attimo del silenzio successivo, sento le mi ossa scricchiolare. Cerco un bel pensiero al quale attaccarmi, prima di morire. Con un pezzo di carta bianca vengo raccolto e rinchiuso in un sudario di plastica. Continuo a vedere ancora quell'espressione. L'ultima immagine vista. Il bel pensiero. Vivido è stampato nei miei occhi. Il viso da vinto e mortificato del quarto uomo. E la sua forte sensazione di inadeguatezza. Causate da me anche se a costo della vita.


venerdì 21 marzo 2008

Fratelli


In macchina. In silenzio. Abbiamo ostacoli altissimi fra noi. Tu non sei da solo. Non sei mai da solo. Il tuo fianco è coperto. Non puoi apparire solo. Non ho nulla da condannare né da difendere. Come una spugna, assorbo e ritorno ciò che mi è dato. I paraventi li capisco, li ho usati anche io.
Come se il tempo fosse stato immobile, dopo anni il ritorno e gli stessi ruoli si impossessano di noi. Senza nemmeno la pausa per un “come va?”. Ma noi non siamo da discorsi. Dal silenzio e da uno sguardo traiamo risposte. Gli uomini parlano poco. E mangiano. Scelta del cibo legata a ricordi lontani, e ad un perduto sapore. Affetto mangiato con ingordigia. Per difendersi dalle fette di tristezza di queste feste. Per chi convive con frane e buchi interni. La cassata un abbraccio non dato. Il mandarino candito una pacca sulla spalla. Gli uomini soffrono in silenzio e mangiano. Beati, mangiano. Non parlano, no, non parlano. In comune più censure che ricordi narrabili. Solo nel breve tempo dell'ascensore sono dicibili parole di padre amorevole. Passate come “dote” , un pò per dovere un pò per affetto.
Variazioni in casa tua poche. Un fidanzato in meno e un muro in più. Tutto è così chiaro e nascosto. A coprire il silenzio un televisore sparge buonsenso. Cerco di resistere per non vomitare. Il caffè salvatore arriva tiepido. Infine la fuga con lo scudo di un appuntamento con Filippo.
Festa nel ricordo del frammento di famiglia di cui facevamo parte. Che non è mai esistita come noi volevamo. La ricostruzione di un ricordo di festa perso nel tempo e nello spazio.
Un altro agnello sacrificato inutilmente.
Buona Pasqua





martedì 18 marzo 2008

Capiddi





Sa cosa ntisiru i tò capiddi
ca scumminati ti s'impinnanu
supra a testa
storie vissute rimmintati
matri ca parra e patri ca riri
un pugno na panza
arrivatu du cielu
e carta i cubaida
pigghiata pì bummi



venerdì 14 marzo 2008


Fermo sull'orlo

aspetto risposte

mai avute

con pene attaccate

come muco