Prendendo vie molto alte
senza paura
da fiero combattente
affronto
la vivisezione della mia vita
mostrando il segreto
non avendo più nulla
da perdere
dopo aver perso te
Mi immergo nella luna
lasciandomi andare
ai suoi ritmi
il cuore sommerso
da cumuli di cenere
lancia ancora
il suo richiamo
poi riemergo
come fra nubi può sbucare
un raggio di sole
mercoledì 31 gennaio 2007
Ritorni 5/5
martedì 30 gennaio 2007
Ritorni 4/5
lunedì 29 gennaio 2007
Ritorni 3/5
domenica 28 gennaio 2007
I Maestri del colore: Beato Angelico
sabato 27 gennaio 2007
Idda è bedda
“Où cumpa, minchia, idda è bedda!”
Come fosse una maledizione, un castigo divino al quale non si può sfuggire.
Seduti davanti una birra, lui cercava consiglio o meglio cercava di esorcizzare ripetendo più volte un fatto: “Idda è bedda”.
Fosse un pò brutta, invece la cosa peggiore è
che semplicemente lei è bella.
In questi casi so che, fortunatamente, non ci si aspettano risposte ma essere consolati, come si può consolare un amico a cui sia capitata una disgrazia.
“E allura?” dovevo comunque dire qualcosa e quello venne fuori.
“No, è ca, u sai comu è, nivuru cu nivuru...”
Faccio un cenno di assenso perché questo si aspetta. Ma cosa sia in questo caso “stu nivuru” non lo capisco.
Si passa la mano fra i capelli e ripete “Idda è bedda!”, e poi “Veru, cumpà? Minchia, idda è bedda! comu si fà?”
Io vorrei dargli la mia benedizione, e che in questo caso lui partirebbe avvantaggiato, rispetto ad altre convivenze.
O buttarla su “futti, futti, ca diu pirduna a tutti”.
Potrei dire qualsiasi cosa, anche recitare la tabellina del due, lui non mi ascolterebbe. Lui, perso nel suo sogno, ha davanti a sé, in tutta la sua bellezza, Lei.
Dalla quale si trova da una parte attratto e dall'altra spaventato da un semplice fatto: “Idda è bedda!!!”.
venerdì 26 gennaio 2007
Ritorni 2/5
giovedì 25 gennaio 2007
I Maestri del colore: Cézanne
mercoledì 24 gennaio 2007
Edicole
Amavo girare per la città e fermarmi a guardare tutte le edicole che incontravo. La stampa e la carta avevano, e hanno tutt'ora, un certo fascino su di me.
Girando girando conoscevo moltissime edicole, tanto che quando chiedevo qualche informazione stradale mi orientavo con le diverse edicole.
Sono un mondo molto vario, è difficilissimo trovarne due identiche. Ogni edicola è un pò l'espressione del suo gestore e quindi particolare. Anche strutture uguali vengono sviluppate in modo molto diverso sia come impostazione della “merce” sia il tipo al quale viene data più visibilità. Questo era un motivo per spingermi a girarle tutte alla ricerca dei vari giornali che compravo. Erano dei mondi uguali ma sempre diversi. Come diversi erano i modi di viverli a secondo la loro struttura. La minuscola classica edicola, un metro un metro e mezzo quadrato, al grande negozio dove avevo la possibilità di scrutare quel mondo dal di dentro.
Le guardavo attentamente, con lo sguardo localizzavo i settori che mi interessavano e lì dedicavo la mia attenzione. Spesso capitava che l'edicolante mi guardasse con sospetto. O pensando “tale stù cretinu, avi tri uri ca talia... ma chi talia e talia e talia.” allora mi allontanavo discretamente. Qualche volta con il brontolio che mi accompagnava. Non tutti poi ti permettono di toccare il giornale. Toccare, non sfogliare. Raramente si trovano i posti dove, giustamente si può toccare e sfogliare un giornale. A discolpa comunque degli edicolanti bisogna dire che la colpa è degli editori che impongono per contratto alla categoria il divieto a far visionare i giornali.
Quasi una tattica l'avvicinamento all'edicola bisognava velocemente dare a tutti i settori uno sguardo veloce e selettivo. E' successo di trovare un albo di Manara messo tra le riviste porno, o una rivista di fantascienza fra i romanzi rosa. Non sostare troppo a lungo su un settore, eventualmente per guardare meglio ci si ritorni distrattamente alla fine del giro. Cercare di avere qualche cenno di intesa con l'edicolante. Per evitare che possa pensare che sia lì per fregargli qualcosa. Per chi vive l'edicola come un fast-food è difficile capire quel sostare davanti a dei giornali, immobili a sfogliarli con gli occhi. Leggersi tutte le testate. E riconoscerle. Una fiera dei balocchi a portata di mano, per noi eterni bambini.
Girare per edicole non mi capita più di farlo come facevo prima, ma sono pronto a perdermici ancora oggi.
martedì 23 gennaio 2007
Ritorni 1/5
lunedì 22 gennaio 2007
I Maestri del colore: Antonello da Messina
domenica 21 gennaio 2007
Le tre leggi: parte terza
Lì Massimo cominciò a rompere per pubblicare alcune cose che aveva raccolto di qua e di là. L'intervento di un poeta sconosciuto, un certo Dario Bellezza. Un altro di un prete olandese e altri scritti. Mi chiese di scrivere il testo dell’obiezione di coscienza. Ci provai diverse volte, ma il risultato non mi piaceva. Alla fine per pigrizia la feci scrivere a Massimo. Non mi piaceva nemmeno quella versione ma alla fine decisi per quella. Noi due lavoravamo ma non è che si scialacquasse con la paga. Stampare “Il manifesto per la Rivoluzione Morale” avrebbe inciso profondamente nella nostra economia. Si decise allora di fare un doppio lavoro. Alla fine del lavoro regolare andavamo a fare pulizie in alcuni uffici. Fortunatamente questa esperienza non durò tantissimo.
Avevamo lasciato la casa della signora Oelp. Lui andò a vivere con il suo ragazzo fuori Amsterdam, io mi cercai un’altra casa. Lavoravo in una panineria, tra brodi di pollo, patate fritte e piatti da lavare.
Massimo dopo poco aver pubblicato “Il Manifesto per la rivoluzione Morale” mi comunica che torna in Italia.
sabato 20 gennaio 2007
venerdì 19 gennaio 2007
giovedì 18 gennaio 2007
Le tre leggi: parte seconda
mercoledì 17 gennaio 2007
Pensiero
martedì 16 gennaio 2007
lunedì 15 gennaio 2007
Le tre leggi: parte prima
Come fu che scrissi a “Men” non ricordo. Ho il vago ricordo di un'incazzatura mista a solitudine. Comunque scrissi quella lettera senza nemmeno l’intenzione che venisse pubblicata. Era per me un urlo lanciato verso persone che pensavo vicine... Fui sorpreso quando invece, di li a poco, la vidi pubblicata su “Men”. Io lavoravo in un ristorante dove venne letta quella lettera, da un cameriere, con mio grande imbarazzo. La sorpresa maggiore fu quando nella stessa rubrica della posta venne pubblicata, in un numero successivo, la lettera di un ragazzo romano che desiderava mettersi in contatto con me. Avevo 17-18 anni, con un'omosessualità vissuta tutta in silenzio. Trovare qualcuno con cui poterne parlare mi rendeva euforico. Scrissi subito a Massimo, non ricordo in che tono e di cosa, che mi rispose abbastanza presto allegando alla lettera una sua foto, e chiedendomi di fargliene avere una mia. La sua foto lo ritraeva a tavola mentre mangiava delle fettuccine. C’era scritto qualcosa sulla foto riguardo al luogo dove era stata scattata e una frase di Massimo come commento. Mandai la mia lettera con allegata una mia foto. Foto che, seppi successivamente, scosse talmente il destinatario che per un bel pezzo non mi scrisse più. Questo confermatomi dopo da Massimo a voce. Gli ero sembrato bruttissimo.
Nel frattempo non ero più al ristorante di Migliarino Pisano, ma ero ritornato a Palermo in attesa di lavoro e della chiamata alla leva. Non sapevo ancora come reagire all’insulto del servizio di leva. Insultato perché di per sé inutile per la mia vita, insultato in quanto omosessuale... Insomma, non volevo farlo.
Colsi l’occasione postami da Massimo e decisi di partire per Amsterdam. Mentre qui qualcuno si prendeva la briga, qualche mese dopo, di processarmi e condannarmi.
sabato 13 gennaio 2007
venerdì 12 gennaio 2007
giovedì 11 gennaio 2007
Mamma canterina
Ricordo mia madre nella sua vena canterina... e un violino con le corde rotte abbandonato. Poi ricordi non vissuti di duetti fatti da mia madre, con la voce, e mio padre al violino. Quando ancora il violino era vivo e vibrante, non come l'ho scoperto sotto il loro letto. Alle volte, quando ero sicuro di non essere visto, lo prendevo insieme all'archetto e fingevo di suonarlo. Mi sarebbe piaciuto ridargli vita.
”...Suona, solo per me, oh violino tzigano...”
La voce di mia madre andava spesso sui toni acuti e gorgheggiava come certi cantanti napoletani. Anche “Vola colomba” sapeva di partenopeo.
Faceva le pulizie di casa e cantava. Cantava e il canto trasmetteva il suo umore, potevi capire il suo stato d'animo a secondo l'intonazione che dava alle canzoni. Solo quando faceva dei lavori all'uncinetto non cantava. In silenzio tesseva strane trame. Di centrini, coperte, tovaglie... tutto in silenzio. Da anni ormai c'è chi fa per lei le pulizie di casa e le è aumentato il tempo da dedicare a quell'incantesimo.
Da tempo non la sento più cantare, le trame dei vari centrini le hanno incatenato la voce.
mercoledì 10 gennaio 2007
Non ci sono
martedì 9 gennaio 2007
I Maestri del colore: Cimabue
lunedì 8 gennaio 2007
Due modi di dire
Sono legato a questa terra. E' qui che sono nato. La lingua madre, il dialetto, mi appassiona. Mi piace ricordare ogni tanto dei modi di dire. Ve ne accenno due.
”Mi si strinci u cori”: il cuore che si restringe per la pena e la tristezza. Quello che provo quando vedo bambini con gli occhi spenti e chini su se stessi. Che parlano poco e alla ricerca continua di un rifugio. Testa, spesso, china perchè il fardello lo portano loro. Vi giuro che veramente “mi si strinci u cori”.
“Mi s'allarga a tavula du pettu” indica un respiro profondo, un senso di liberazione e soddisfazione. I polmoni dilatati al massimo, ma senza sforzo, e poi un sospiro accompagnato da un “Aaah”. Ma è tutta una metafora per esprimere quello che avviene nella mente. “Mi s'allarga a tavula du petto” quando vedo bambini svegli, con quella luce scintillante negli occhi. Quelli che ti fanno domande che gli adulti pensano e non fanno. Domande che sovente ti mettono in difficoltà. Quelli che camminano leggeri fieri di essere quello che sono.
Come la bambina in questa foto: Viola.
domenica 7 gennaio 2007
Eccomi
Eccomi
vecchio come mi vedete
con quell’età interiore indefinita
Le spalle già un pò curve
per il carico dei sogni
atteggiarmi a grande vecchio
attraversare il mondo
con aria distratta
in tasca il desiderio
quello dimenticato
Vado incontro all’inverno
con la dispensa piena
di determinazione
ottimismo
e pochi soldi
Nel letto
regno di sogni e illusioni
canto canzoni vecchie e nuove
gioia e dolore tingono le musiche
e danza il ricordo
Appena è l’alba
mi rigiro nel letto freddo
spengo l’ultimo sogno
e accendo la luce
sabato 6 gennaio 2007
venerdì 5 gennaio 2007
Guerrieri
Essere comunque guerrieri.
Il guerriero è orgoglioso di sè e conosce la paura. Onora le difficoltà con lo spirito del coraggio, e va avanti. Se lui così ha deciso.
La paura si combatte e lui l'affronta con lo spirito giusto.
Le scuse per arrendersi sono sempre sull'uscio. All'uscita si vedrà il guerriero.
Ho amici fragili, all'aspetto dimessi e arresi. Uno in particolare, chiamato con il nome
della professione. Anima semplice, cuore puro. Preso da un dolore che affrontiamo alla lontana. Per pudore, forse anche paura.
Se tu lo vedessi anche tu concorderesti che dia l'impressione che un soffio di vento ce lo possa portare via.
Poi scopri che è l'incarnazione del samaritano o bodhisatva che dir si voglia. Una persona che davanti alla ricerca di aiuto degli altri è sempre pronto a dare una risposta.
Anche alla richiesta di un morto, un vicino di casa, trovato sul pianerottolo. Lui lo porta dentro, aiuta la figlia del defunto a pulire anche la casa. Partecipa al dolore altrui condividendolo, un esempio classico di cosa sia compassione.
Un vero guerriero, senza armi e tanta paura. Quelli che usciranno vincitori da tutte le battaglie che faranno.
Non è facile per me, perchè non è facile cambiare il mondo quando l'abbiamo a portata di dito.
Siamo tutti comunque guerrieri alcuni bravi, altri come me.
giovedì 4 gennaio 2007
Preghiera
Ho bruciato miliardi di cellule
E il buio non si dipana
Strane stelle scrutanti
appaiono nel cielo
congiungo i palmi delle mani
chiudendo il cerchio
E a mani giunte
Mi prego
Chiudo il cerchio
E mi trovo
Non sono solo
Comunico con l’universo
E lo scruto
Chiuso
Al chiuso
Parlo con l’essenza
A mani giunte
Da devoto
Impreco
mercoledì 3 gennaio 2007
La munnizza
Certo il bello è sicuramente negli occhi di chi guarda. Ma se non capisco puoi sempre provare a spiegarmelo. Sono pronto ad ascoltare. Ma lasciami dire , ai miei occhi, cosa arriva. Oggetti abbandonati utilizzati come ready-made li abbiamo visti, abbiamo afferrato la lezione dello straniamento, ma una intera “cattedrale” di immondizia accumulata cosa vuole raccontarmi? Fosse stato tutto materiale biodegradabile mi avrebbe dato un senso di speranza. Ma la staticita di una croce di casette di birra?
Questa città viva ma con il culto della morte avrebbe bisogno di uscire dall'infatuazione del precario e dei ruderi. Ruderi come quel palazzo dove in modo precario hai adagiato la tua cattedrale: una foto di come non dovrebbe essere la mia Palermo.