A
Milano, durante il servizio civile, frequentavo una scuola serale. Li
conobbi il professore di matematica più simpatico mai
conosciuto. Nell'intervallo qualche volta si metteva davanti a un
pianoforte che si trovava in un'aula e suonava, divertendo tutti e
divertendosi un mondo. Le sue lezioni erano affascinanti. Geometria e
algebra sembravano più comprensibili. Nella stessa scuola
conobbi un ragazzo che vendeva acidi. Io ero quello incaricato dal
gruppo di rifornirci. Ne prendevamo tanti, ma naturalmente non li
assumevamo tutte in una sera. Di solito la serata LSD era quella del
Sabato. Per il semplice motivi che in ogni caso avevamo la giornata
della domenica per poterlo smaltire completamente.
Le
pastiglie erano di colore viola e a forma di piramide. Il giorno dopo
ci salivano dei rigurgiti che avevano il sapore delle viole. La sera
prima era più difficile dire di preciso cosa fosse successo.
Per lo più restavano sensazioni che portavano ad una sorta di
misticismo. O ad una sua ricerca. Fra i tre fissi del gruppo - ma
ogni tanto si aggiungeva qualche altro - io ero quello più
razionale. Riuscivo a camminare in equilibrio fra il qui e il là.
Per qualcuno significava non volersi lasciare andare del tutto. Ma io
dovevo esserci, non volevo perdere il controllo. Paolo partiva in
quarta e andava via, ma se lo richiamavo, lui c'era. Giulio ero il
tipo perso, l'esatto contrario di me. Lui, che voleva partecipare
alla discussione fra me e Paolo su quale strada fare per tornare a
casa. Appena gli è stato chiesto il parere ha cominciato ad
avvolgersi in una spirale di dubbi. Mancava poco e ci avrebbe
coinvolto nelle sue paranoie. Lui, che davanti alla difficoltà
ad aprire il portone di casa comincia a tirare fuori la storia di un
complotto per non farci aprire il portone in modo da ritardare il
ritorno a casa. Lui, che si presentò nudo al tavolo al quale
sedevamo io e Paolo e... pisciò. Una lunghissima innaffiata.
Poi soddisfatto ritornò a letto. Ecco questo è un tipo
perso.
Io
mi vivevo Milano, con le tante sfaccettature del mio essere lì.
Quando
da piccolo scontavo la colonia estiva, i miei venivano a farmi
visita la Domenica. Non tutte le settimane, ma quasi. Venivano
carichi di pasta al forno, parmigiana e cotolette. Tutto cucinato da
mia madre. Si mangiava e si restava insieme fino al primo pomeriggio.
Dopo averci lasciato qualche regalino - per lo più cibarie
varie - ripartivano. Lì mi si chiudeva il cuore, completamente
al buio. La Domenica sera era tristissima. Un primo approccio alla
comprensione della nostalgia.
Mio
padre comprava ogni settimana La Domenica del Corriere. Una
delle poche riviste che giravano per casa. Ero affascinato dalle
copertine di Walter Molino che illustravano l'evento della settimana.
Lo sfogliavo quando andavo in bagno. Come facevo anche con il Sorrisi
e Canzoni. Ogni settimana pubblicava i testi di sei o sette
canzoni. Scorrevo l'elenco per vedere se c'era qualche canzone che
conoscessi. Se c'era, mi mettevo a cantare felice, seduto sul water.
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