Il
primo capodanno passato ad Amsterdam non fu male. Eravamo a casa di
Mario, un amico di Carlo. Preparò tutto il padrone di casa.
Mario era un tipo precisino. Teneva la sua casa ch'era uno splendore.
Trovava il tempo per aggiustarsi anche le sopraciglie, tirandosi i
peli con una pinzetta. Naturalmente amava Liala, ed era un
romanticone da morire. Aveva pensato a tutto lui per la serata. Dagli
stuzzichini di vario genere ai festoni appesi da una parete
all'altra. Invitati: naturalmente, solo uomini. Durante la serata,
qualcuno faceva spegnere la luce. Per rendere l'ambiente... più
intimo. Come se ce ne fosse stato bisogno.
Quella
serata fu per me il primo capodanno in un ambiente finalmente
accogliente.
Fra
il carbone e il sanpietrino ricordo con piacere più il secondo
che il primo. O forse il sanpietrino ha più storia. A Pisa
lavoravo in un ristorante. Si cucinava su un piano di metallo
riscaldato a carbone. Su questo piano si cucinava di tutto. Dal sugo
alla pasta, ma anche bistecche. La riserva di carbone era in uno
scantinato. Con una cesta si scendeva una breve scala. Si riempiva la
cesta e si portava il carbone su. Questa operazione veniva fatta
diverse volte in modo di avere una scorta sufficiente di carbone a
portata di mano. Questo per tenere sempre caldo il piano cottura. Io
ero il più piccolo di età, quindi, per una legge non
scritta, spettava a me andarlo a prendere. Anche se in cucina avevo
più responsabilità.
Fuori
era un'altra storia. Non che utilizzassi tanti sanpietrini tanto
quanto il carbone, ma il gesto e il senso erano sicuramente molto più
alti.
Mi
sarà capitato due o tre volte di tirare qualche sanpietrino,
divelto facilmente dal pavimento stradale, e scagliato contro la
polizia. Resta vivida la memoria del sasso in mano contro il potere.
Il carbone no. Era il 1969.
Lui
era estroso. Ma anche se io non dicevo nulla, mi faceva un po'
impressione la sua collana. Ad Amsterdam il fine settimana eravamo
soliti, io e Massimo, andare la sera insieme in un pub: il COC.
Questo era affiliato ad una associazione che sosteneva i diritti
delle persone omosessuali. Lui, Massimo, si agghindava in queste
occasioni con una collana. La particolarità di questa collana
stava nel suo ciondolo. Il teschio di un cane. Una volta mi
raccontò la provenienza. Era un cagnolino che aveva in casa la
sua famiglia. Dopo morto fu seppellito nel giardino adiacente alla
casa. Un giorno, scavando, rispuntò. Lui lo prese, lo pulì
e lo trasformò in una collana. Non era per niente bella. Ma
attirava molto l'attenzione degli altri.
Nessun commento:
Posta un commento