Nella
mia stessa stanza c'è Jalal. Provenienza: Bangladesh.
“Tu
sposato?”
“No,
ho un compagno. Mi capisci?”
Sbarra
gli occhi.
“Vivete
tu e Filippo insieme? No, sposati?”
“La
legge non ce lo permette.”
Ma
credo che non capisca. Parla un italiano stentato e molte parole non
le capisce. E' comunque tornato sull'argomento facendomi capire che
lo mettevo in confusione.
Dire
che Jalal sia servizievole è poco. Vuole rendersi utile per
qualsiasi cosa. Mi gira intorno, precedendomi nelle cose che devo
prendere. Quando mi metto al computer per scrivere, lui si siede e
cerca di attirare la mia attenzione. Inutile mettersi le cuffietta
con la musica. Niente, mi interrompe di continuo. Alle volte cerca di
sbirciare quello che si vede nello schermo. Una sera stavo andando a
fare il solito giro nel tentativo di placare i dolori. Mi chiede dove
vado.
“Vado a fare un giro”.
“Vado a fare un giro”.
Esco.
Mi trovo in lungo corridoio, in un silenzio assoluto. Sento dietro di
me dei passi leggermente strascicati. Per un attimo - giuro - ho
avuto paura. Mi giro. Era lui che mi seguiva. Mi sento leggermente
ossessionato dalla sua costante e servizievole presenza. Mentre
scrivo questo post, lui prende il mio pacchetto di fazzolettini. Ci
scrive sopra Salbatore, e credo lo abbia scritto anche nella
sua lingua. Su ambedue i lati
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