L'idiota che mi perseguitò per mesi. All'inizio cercai di spiegargli, ma non voleva sentire ragioni. Lo incontravo la Domenica, durante la mia solita passeggiata. Un giorno decisi che era inutile parlargli. Lui aveva un chiodo fisso. La sua tesi era inconfutabile: a suo parere, io lo amavo, ma avevo troppa paura per ammetterlo. Lo allontanai. Qualche anno dopo tornò alla carica. Prima con lettere e disegni inquietanti, poi con sms a pioggia, da vero stalker. Alla fine cambiai il numero del mio cellulare.
Roma. Dove nei vari
soggiorni, da solo, mi orientavo a naso. Spesso non sapevo nemmeno i
nomi delle strade. Abitai per un breve periodo in una stradina vicino
Piazza Navona, insieme a Luciano Massimo Consoli. Un minuscolo
appartamento. Magnifico il pasticcere che aveva la sua bottega
proprio sotto casa nostra. Non ricordo il nome della torta. Era a
base di castagne. Purea di castagne, panna e pezzi di marron glassè.
Ti faceva salire oltre il settimo cielo.
Insieme a Kurtz e
Alessandra, in macchina. Senza voglia di andare a casa. Si stava bene
insieme. Sì, avevamo bevuto, ma non tantissimo. Dovevamo decidere
fra due giochi. Se andare in giro con la macchina svoltando sempre
dallo stesso lato, il sinistro o il destro. Oppure scegliere una
macchina e seguirla ovunque ci portasse. Cretini, se si può dire,
coscienti e felici. Non si interrompe un'emozione.
La pioggia. Mi piace e ho
la sensazione che mi alleggerisca. Porta via lo sporco. Ho sempre il
desiderio di camminare sotto la pioggia. Qualche volta l'ho fatto.
L'ultima alla fine degli anni ottanta. Il secolo scorso. Uscito da un
cinema cominciò a piovere. Non pioggerellina da Singing in the
Rain. Pioggia abbastanza sostenuta. Pioveva e io camminavo felice
di essere bagnato. Nelle vie traverse il venticello mi faceva un po'
gelare. Ma ero felice. Inzuppato d'acqua fino alle mutande.
Noncurante, continuai a camminare fino a casa con addosso
un'incredibile sensazione di libertà.
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