Un
mio zio era impiegato presso un barbiere. Aveva come hobby
l'allevamento di piccioni. Li allevava sul terrazzo di casa. Dove
aveva costruito un'enorme piccionaia. Gli dava da mangiare, li curava
e puliva. Tutto. L'unico utilizzo pratico era quello di un sms oggi.
Mi zio si portava un piccione al lavoro. Quando era ora di tornare a
casa lo liberava. Con un bigliettino legato ad una zampa con su
scritto: "Cala a pasta".
Cibo
spazzatura! E io l'assaggiavo. Spazzatura da grand hotel.
Krasnapolsky di Amsterdam dove negli anni settanta ho lavorato.
Facevo il controllo notturno di tutte le aperture verso l'esterno del
albergo. Lo giravo quindi da cima a fondo. Passando naturalmente per
la cucina. Ero alle prime canne e qualche volta ne preparavo una da
fumare mentre facevo il giro. Iniziavo il giro dal tetto, dove davo
le prime boccate. Era una porticina secondaria che dava su un
terrazzo. Il giro durava più di un'ora. Girando in lungo e
largo l'albergo. Quando arrivavo alle cucine si era sviluppata una
certa fame. Scoperchiavo tutte le pentole lasciate sui fornelli.
Purtroppo abbandonavano quasi sempre solo minestre. Tutte facevano
vomitare, tranne una che dall'aspetto sembrava disgustosa, ma
assaggiandola non era troppo male. Era una specie di minestra
primavera con capellini spezzettati. Certo non c'era da appanzarsi
ma qualcosina faceva. Scoprii con il tempo che anche un altro mio
collega faceva lo stesso. Io lo vivevo con senso di colpa, lui come
una bravata.
All'inizio
del servizio civile noi obiettori siamo stati inviati nel centro
salesiano di Arese. Noi pensavamo di essere lì per scegliere
se rimanere o no, i preti per scegliere chi di noi poteva restare.
Noi disarmati nella scelta. Loro ci sottoposero a tutta una serie di
esami psicologici. Dal semplice colloquio a una serie di quiz, per
finire con le macchie di Rorschach. Noi giocavamo, fottendocene delle
loro regole. Una sera prima di cena ci si mise a giocare truccandoci
con dei prodotti che aveva portato Mauro, un altro obiettore. Li
usava quando suonava in pubblico. Lui faceva parte di un gruppo
musicale e ogni tanto facevano delle serate. Ci siamo truccati tutti
divertendoci come matti. Arrivata l'ora di cena siamo scesi nella
sala da pranzo. Di solito qualcuno di noi andava in cucina, gestita
da alcune suore, e prendevamo i vassoi con la cena per tutti. Mi
presentai in cucina. La suora mi si avvicinò e mi guardava
stupita. Le chiesi il cibo. Continuavo a chiedermi cosa avesse da
guadare in quel modo. Dopo un bel po' realizzai che né gli
altri né tanto meno io avevamo pensato a struccarci. La suora
mi passò il vassoio la salutai serio poi scappai per andare a
ridere nella sala da pranzo.
Lui
era americano. In vacanza ad Amsterdam. Ci eravamo conosciuti in
sauna. Poi mi aveva invitato ad andare nel suo albergo. Ci
ritrovavamo, così, invece che a sudare su un lettino foderato
in similpelle, in un letto vero. Al culmine, lui tira fuori una fiala
la mette in mezzo a del cotone e la spezza mettendola subito dopo
sotto il mio naso. Aspira! Curioso. Aspira! Vidi il mio cuore. Era lì
di fronte a me che pulsava. La testa, che girava come una giostra
impazzita. Il cazzo lo sentivo come un totem indiano. Il tutto durò
una decina di minuti. Non capii cosa c'entrasse con il sesso. Ma a
lui piaceva così.
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