Anche
questa mattina mi sono svegliato con la febbre. Ormai sembra sia
diventata una consuetudine. Oggi siamo arrivati a trentanove. Acqua,
bevuta a letto con la cannuccia. Poi ricordo che c'è del gelato al
limone. Meglio dell'acqua. Il paracetamolo fa lentamente il suo
effetto. Comincio a sudare e la febbre va scemando. Giuseppe, un
infermiere, mi ha detto che dobbiamo cambiare il catetere. Lo
dovevamo fare ieri, ma abbiamo rimandato a questa mattina. Recuperate
un poco le forze, decido di fare una passeggiata lungo il corridoio
che conduce all'uscita. Incontro Giuseppe. Mi chiede se può offrirmi
un caffè. Naturalmente accetto. Ci sediamo nel soggiorno, ci
dividiamo il caffè. Facciamo quattro chiacchiere. Mi dice che lo ha
divertito vedermi rifiutare di ricevere una suora che voleva darmi
un'immaginetta della madonnina. Inoltre è rimasto colpito dal fatto
che gli ho detto che mi sono sbattezzato. Non conosceva nemmeno
l'esistenza di questa possibilità. Abbiamo parlato di come
affrontare la malattia. Come sia importante la qualità della vita,
più della vita stessa. Penso che sia una verità da tenere sempre
presente. Anche i rapporti interpersonali fra malato e personale
sanitario sono molto importanti. E Giuseppe ha compreso questo.
Dopo
il caffè e lo scambio di opinioni il rapporto con Giuseppe è
cambiato. Mi ha sostituito il catetere e io gli ho dato un mio
biglietto da visita con l'indirizzo del mio blog.
Mi
comunicano che il Targin, una delle medicine che prendo, lo hanno
richiesto alla farmacia, ma non è ancora arrivato. Mi chiedono se
io ne ho. Quando porto la risposta trovo Giuseppe nel soggiorno degli
infermieri insieme ad altri due colleghi e il dottore di turno.
Attorno al tavolo stanno mangiando pane con le panelle. Visto che i
panini non mancavano, mi hanno chiesto se ne accettavo mezzo. Potevo
dire di no? Prima di tutto perché offerto da loro era un segnale
forte. Quasi commovente. E poi, un panino con le panelle... come si
fa a dire no?
Ho
paura di cominciare a sentirmi a casa.
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