Lui
era vittima di chiara discriminazione. Sessualmente gradiva le
persone anziane. Nella cerchia delle nostre amicizie, tutti amanti
dei ragazzi giovani e palestrati, era quasi un'offesa avere
preferenze diverse. Fortunatamente lui ci rideva su. Anzi, spesso
quando facevamo delle passeggiate, lui indicava una persona e diceva:
“Miiiì,
che bono!”
“
Schifiu!”
Rispondeva puntualmente chi era con lui.
Io
cercavo di spiegare che si possono avere gusti alternativi al giovane
tutto proporzionato. Che anche da vecchi possiamo trovare nostri
estimatori.
Niente
da fare. Fra l'altro ogni volta che lui esclamava il suo: “Miii,
che bono,” tutti si giravano a guardare a chi era rivolto il
complimento. Per pentirsene subito dopo. Tutte le volte.
Bambini
chiusi in bagno. Io e la cuginetta che abitava due piani sotto. Lei
spesso frequentava casa nostra. Non so come ci siamo ritrovati chiusi
noi due in bagno. Lei era già una bambina intraprendente. Ricordo
che volle mostrarmela. Si alzò il gonnellina e abbassò le
mutandine. E me la svelò. Non capii bene come fosse combinata la
storia lì sotto. Di sicuro era strana. Di sicuro non mi piacque. Di
sicuro una delle poche che ho visto.
Il
film “La caduta degli dei” di Visconti era vietato ai minori di
diciotto anni. Era il sessantotto, e io non avevo ancora compiuto i
diciassette. Ci andai insieme a un ragazzo di vent'anni che lavorava
come cameriere nel mio stesso albergo. A lui chiesero la tessera, e
lasciarono passare me senza batter ciglio. Da sempre appaio più
grande dell'età che ho. Forse è stato questo che mi ha preparato
alla vecchiaia.
Avrò
avuto undici anni. La mattina a scuola, di pomeriggio da Mimmo 'u
varvieri. Quando mi ritiravo, la sera, spesso passavo davanti un
garage di autobus. Una sera notai uno di questi autobus con la porta
anteriore aperta. Salii e iniziare a giocare fantasticando di
guidarlo. La storia si ripeté per più sere. Per sbaglio una volta
accesi i fari. Accorse un guardiano del garage. Io scappai con il
cuore in gola e quell'uomo alle mie spalle. Entrai nel portone di
casa, salii i gradini a tre a tre. Noi abitavamo al quarto piano.
Arrivato davanti la porta di casa non suonai. Mi appoggiai al muro
sperando non si sentisse il mio cuore. Quello salì la prima rampa
poi rinunciò. Dopo aver sentito chiudere il portone cominciai a
rilassarmi. Aspettai un poco prima di suonare. Non volevo apparire
troppo sconvolto.
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