martedì 6 agosto 2013

Edificio 17A – Oggi, Domenica.



Oggi, Domenica, in programma doccia mattutina. Ciò vuol dire che, sveglio dalle sei e mezzo, ho cominciato a carburare dopo oltre un'ora. Questa notte ho dormito bene. Avevo preso però l'Actiq, l'antidolorifico per i casi di emergenza. Filippo è andato via come al solito intorno alle sette. Mi ha lasciato un caffè preso dal distributore automatico. Mi prendo il caffè, ma devo sistemare alcuni pensieri rimasti scomposti. E non si sa mai quanto tempo ci si impiega. Quando mi riprendo comincio a preparare tutto l'occorrente per il dopo doccia, cercando di non dimenticare nulla. Ho un elenco che cerco di ricordare come una nenia. Una volta sicuro che ho disposto tutto, mi metto sotto la doccia. Trovo l'essere bagnato dall'acqua bellissimo. Questo elemento che dà sensazioni oltre lo scopo per cui lo usiamo. Se affrontiamo poi l'argomento della simbologia ci perdiamo. La mia doccia è spesso così.
“E il sapone qui l'ho passato?”
Ogni tanto mi assento al tal punto con i pensieri che mi capita di pormi questa domanda.
Sistemare la colostomia, cambiare il sacchetto del catetere. Per farla completa, ho chiesto a Rosario, un infermiere, di cambiarmi il sacchetto della nefrostomia. L'unica cosa che non posso gestire da me. Causa la posizione nella quale si trova.
Vestirsi. Alle volte mi impirugghiu quando metto i pantaloni del pigiama. Oggi ne ho messo un paio che mi vengono larghi. E sotto suggerimento di Filippo mi sono messo le bretelle rosse.
Siamo arrivati così alle nove e mezza. Mi metto davanti al computer. Sottofondo musica. Tori Amos, spesso. Cazzeggio su facebook. Adesso mi viene fame. Qualcosa in frigo c'è sempre. Succo di frutta, yogurt. Ma non mi soddisfano. Mi sono organizzato e mi faccio portare qualcosa da Filippo. Oggi mezzo panino con prosciutto crudo. Mezzo panino perché è Domenica. Di solito mi faccio un panino intero. Pino oggi porterà le sue sue solite cose buone per pranzo.
Non vorrei rovinarmi l'appetito.
Intanto sgranocchio delle fette biscottate. Quelle che mi passano per colazione. Arriva Filippo. Aspettiamo mio fratello insieme. Mi prendo un poco di vino rosso, a mò di aperitivo. Pino ritarda. Alla fine arriva di corsa. Ci dispensa tutte le cose che ha portato e poi scappa per andare a cucinare per la sua famiglia. Pasta con pomodoro e basilico, polpette con il sugo, caponata, insalata di pomodori, fagiolini, cipolla e olive.
Il mio appetito non si era rovinato. No, non abbiamo mangiato tutto, qualcosa è rimasto per imbandirci una cena per due.
Riposino pomeridiano? Ho letto un poco poi mi stavo addormentando, ma mi son dovuto alzare perché mi stavano iniziando a smuovere i dolori.
Alzandomi si attenua tutto. Ci aggiungo, che aiutano sempre, anche un paio di cioccolattini portati da Claudia. Claudia, compagna di liceo di Filippo. Che ci dispensa affetto e cibi del suo orto. Intanto Filippo, disteso sul divano-letto che c'è nella stanza, dorme profondamente.
Naturalmente quando si sveglia è sempre insoddisfatto. Non gli ho mai sentito dire di aver dormito abbastanza. Se ne va, per andare a badare ai nostri due gatti. Ma non solo.
Andato via Filippo ho riprovato a mettermi a letto. Sperando, questa volta, di riuscire a dormire un pochettino. Mi sono svegliato alle sei mezzo di pomeriggio, quando è entrato l'infermiere con la cena. Ma per mangiare devo aspettare il ritorno di Filippo.
Nell'attesa mi vado a fumare una sigaretta. Seduto fuori, sulla scale dell'uscita di emergenza. Posto fantastico nel pomeriggio, dove anche finita la sigaretta resto incantato. Con i pensieri che trovano il loro giusto collocamento. O almeno mi sembra. Quasi una meditazione.
Fame. La fame si fa sentire e Filippo alle sette e mezza non si fa vedere. Comincio a preparare il tavolino dove di solito mangiamo. Sistemo il cibo e l'occorrente vario. Niente, non arriva. Sarò vastaso? Ma io ho fame. Inizio a mangiare senza più aspettarlo. Quando lui arriva io sono all'insalata. Cosa abbiamo mangiato? Niente... Polpette di carne al sugo, caponata, insalata. Abbiamo concluso con un gelato al limone. Il miglior gelato al limone che io conosca. Fatto da un mio cugino che ha una gelateria. Ciccio Adelfio. Che poi, Ciccio era il padre, fratello di mio padre. Ottimo gelato al limone. Non quello fatto con la limonina, in assenza di limone (gioco: essenza/assenza).
Conclusione serata. Filippo vede alla televisione telefilm de paura. Io scarabocchio sul computer.
Scherzando con Filippo gli dicevo che questa mia Domenica potrebbe essere paragonata (perdono, perdono, perdono...) all'Ulisse di Joyce. Lo devo dire... con le dovute differenze?
Filippo ha rimarcato la mia, chiamiamola, indifferenza verso la punteggiatura. Che lui mi corregge. Con questo, facendomi quasi un complimento. Perché questo conferma una somiglianza con la scrittura di Joyce.

Poi? Poi niente. Domani è Lunedì.

2 commenti:

Unknown ha detto...

La domenica mi prende sempre una smania di fare. Non so perché, ma è così. I bambini no, loro preferiscono stare in casa a giocare, Andrea mette in fila decine di gormiti, Alice invece calza le scarpe della mamma e si diverte così a camminare incerta su quelli che per lei sono autentici trampoli. Mia moglie mette in ordine, e mi costringe a farlo. Riesco a far leva sui bambini dicendo "andiamo in libreria". La Feltrinelli la domenica organizza sempre laboratori, e anche Modusvivendi fa delle cose, però i bimbi preferiscono La Feltrinelli. Finito il laboratorio vanno in fondo, su al primo piano, al reparto ragazzi, si siedono sulle poltroncine e stanno là a leggere e scegliere il libro che vogliono. Confesso che questa confidenza con i libri mi fa un enorme piacere. Ne sono orgoglioso, già. Casa è stracolma di libri e fumetti (molti li ho presi da te), Andrea, il dotto di famiglia, racconta ai suoi amici che abbiamo ben otto librerie a casa, e tutte piene di libri, in terza quarta fila, incastrati come a formare un muro a secco di dorsi colorati. I libri non sono entità estranee, non possono esserlo, dico sempre ai bimbi che i libri rappresentano salvezza: dalla noia, dalla tristezza, dalla solitudine. Così come i fumetti, loro amano Rat Man, io ne sono un autentico fanatico. Agli amichetti raccontano le avventure del loro supereroe preferito e quelli li guardano come fossero alieni. Per molti libri e fumetti sono oggetti e niente più, meglio i cartoni. Quelli in cui i dialoghi sono grr e woosh e aahh. Io metto i cartoni di Rat Man, e come ridono!
Insomma la domenica è giorno di libreria, la nostra messa laica, una vera eucarestia, un pranzo buono, condito da libri e fumetti. Fortuna vuole che ne abbiano sempre appetito...

Unknown ha detto...

La mia solitudine era piena di libri. A casa mia i libri sono entrati con me. L'unico che leggiucchiava qualcosa era mio padre. Io ho riempito casa di libri e fumetti. Nelle mie partenze un bagaglio era per i libri essenziali da portare via nei miei traslochi. Non sono mai stato senza libri accanto.Questi oggetti inerti e nello stesso tempo vivi e pronti a trasmetterti una infinità di sensazioni.