martedì 6 agosto 2013

Edificio 17A – Hospice






Hospice. Un luogo dove il nemico è il dolore. Non dolori qualsiasi. Ognuno con il suo. Siamo malati oncologici diversi, con stadi di malattia più o meno avanzati. Più o meno gravi. Si arriva qui perché l'unico rimedio attuabile in questo momento è la cura palliativa. Personalmente la definisco cura tampone. Mettono pezze a delle falle, senza intervenire sulla vera causa. Perché per vari motivi impossibilitati a farlo. Ed io sono qui. A dir la verità sono quello nelle condizioni migliori. Una sola paziente ho incontrato in giro in tutti questi giorni. Accompagnata dalla nipote che le spingeva la carrozzella. Gli altri malati non li ho mai visti. Chiusi nelle loro stanze.
Come il ragno, chiuso in una vetrina, continua a costruire con lo stesso impegno la sua ragnatela pur non essendoci possibilità di catturare prede, così qui si lavora. Per cominciare, tutto il personale, medico e no, sono gentilissimi e molto disponibili. Offrono un approccio umano, da persona a persona. Scavalcando quasi i ruoli. Malato, medico, infermiere, inserviente. Cercando di instaurare rapporti amicali. E una mano sulla spalla, al bisogno, non manca.
Il posto in sé meraviglia tutti quelli che lo vedono per la prima volta. Facendo scattare la domanda:
Ma c'è anche la piscina?”
Così io e un bambino la prima volta che siamo entrati.
Le camere sono singole, con un divano-letto per un parente. Dandogli la possibilità di poter restare a dormire la notte. Un grande soggiorno in comune, con tavolini, sedie e divani. Un televisore, la libreria con alcuni libri. Sì, ci sono libri orribili come quelli di Selezione. L'orrore dei romanzi condensati. Il distributore di bibite e caffè. Accanto c'è la cucina. Attrezzata di pentole e pentolini, piatti e posate. Vi si può, volendo, cucinare. I pazienti e i parenti hanno libero uso della cucina. Naturalmente con la condizione di lasciare, finito di cucinare, tutto pulito come prima.
Loro incoraggiano l'uso sia del soggiorno che della cucina. Qualcuno timidamente lo fa cucinando qualche minestra. Il soggiorno io l'ho utilizzato per ospitare una sera alcuni amici e passare un po' di tempo insieme. Fra arancinette, panelle, e pizzette varie. Accompagnati da un bicchiere di vino.
Un'associazione, tempo fa, aveva aperto uno spazio sul terrazzo. Con tende, gazebo, divani in vimini, moltissimi vasi con piante. Lo stato attuale però è di completo abbandono. L'idea era di creare uno spazio in più di socializzazione.
In questo contesto si combatte il dolore oncologico. Naturalmente assistendo anche per tutti gli effetti collaterali. Ma il principale nemico resta il dolore.
Non aspetti che il dolore aumenti per chiamarci. Non deve cercare di sopportarlo, peggiora la situazione. Appena ha delle avvisaglie ci chiami”
Questo è il ritornello che ripetono spesso.
Ammiro questo voler trasformare in vita vivibile degnamente, cioè in valore, la sofferenza e il dolore che colma l'Hospice.









2 commenti:

Unknown ha detto...

Non so se faccio bene, però mi sento di farlo, perciò lo faccio. Cosa? Parlare di due persone che hanno avuto a che fare con il tumore, uno in realtà l'ha sconfitto, l'altro invece lo sta combattendo. Si tratta di due persone speciali, almeno per me, due scrittori che amo profondamente. Sono sicuro che li conosci, uno immagino molto bene. Comincio da quest'ultimo, lui è Luigi Bernardi, per chi come noi ama il fumetto è uno di quei nomi che evocano imprese editoriali meravigliose, come Granata Press. Qualcuno la ricorda ancora? Luigi, il mio Maestro, è uno che è sempre arrivato in anticipo, e non di minuti, di anni almeno. Ha reso il noir un genere Letterario, non inteso come "specie", ma nel senso di letteratura a tutti gli effetti. Ha pubblicato autori che nei primissimi '90 erano sconosciuti e incompresi e che poi dieci anni dopo sono diventati casi letterari mondiali. Ha pubblicato fumetti e riviste di fumetti che sono e saranno sempre pietre miliari della cultura Pop alternativa. Di quella cultura che rifugge il pensiero unico e frequenta il pensiero critico. Un folletto geniale e timido, caustico e cinico ma irrimediabilmente sensibile e disponibile. Non lo sentivo da un po', sai com'è la vita le cose, gli scrissi qualche mese fa e mi ha detto: "Caro PG (mi chiama PG) è strano ci sentiamo dopo tempo il primo giorno in cui affronto la terapia del dolore". Anche lui mi parla del "dolore" e della straordinaria bellezza di chi lo aiuta a combattere il dolore. Accidenti, ci vuole una gran serenità per restare lucidi e prendere dal dolore ciò che di meglio ha da offrirti e cioè occhi diversi con cui guardare il mondo. L'altro è Valerio Evangelisti, un genio assoluto, il migliore autore di Genere che abbiamo in Italia e direi in Europa se non nel mondo. Mi raccontava che nel libro conclusivo delle vicende di Eymerich avrebbe messo la sua percezione del male che lo affliggeva. Evangelisti che scrive sotto l'effetto del dolore deve essere qualcosa di epico, di micidiale. Rex Tremendae Maiestatis si intitola il romanzo, e parte di esso è ambientata in quella che lui ha detto essere "la tua Sicilia". Una Sicilia medievale, la immagino come quella di quel bel fumetto che mi consigliasti anni fa "Assunta", fantastica e allucinata di sole e aridità. Il romanzo non l'ho letto, mi dico che non sono pronto ancora. E' lì insieme agli altri che mi attende paziente. Nella quarta di copertina c'è la sua foto da bambino, e mi sembra simbolica del fatto che solo il misticismo fantastico di un bambino possa rendere vere certe allucinazioni. Luigi mi ha sognato pizzaiolo, mi ha fatto piacere. La pizza evoca se non felicità almeno allegria. Una pausa fragrante dalla flagranza del dolore.

Unknown ha detto...

Non so se faccio bene, però mi sento di farlo, perciò lo faccio. Cosa? Parlare di due persone che hanno avuto a che fare con il tumore, uno in realtà l'ha sconfitto, l'altro invece lo sta combattendo. Si tratta di due persone speciali, almeno per me, due scrittori che amo profondamente. Sono sicuro che li conosci, uno immagino molto bene. Comincio da quest'ultimo, lui è Luigi Bernardi, per chi come noi ama il fumetto è uno di quei nomi che evocano imprese editoriali meravigliose, come Granata Press. Qualcuno la ricorda ancora? Luigi, il mio Maestro, è uno che è sempre arrivato in anticipo, e non di minuti, di anni almeno. Ha reso il noir un genere Letterario, non inteso come "specie", ma nel senso di letteratura a tutti gli effetti. Ha pubblicato autori che nei primissimi '90 erano sconosciuti e incompresi e che poi dieci anni dopo sono diventati casi letterari mondiali. Ha pubblicato fumetti e riviste di fumetti che sono e saranno sempre pietre miliari della cultura Pop alternativa. Di quella cultura che rifugge il pensiero unico e frequenta il pensiero critico. Un folletto geniale e timido, caustico e cinico ma irrimediabilmente sensibile e disponibile. Non lo sentivo da un po', sai com'è la vita le cose, gli scrissi qualche mese fa e mi ha detto: "Caro PG (mi chiama PG) è strano ci sentiamo dopo tempo il primo giorno in cui affronto la terapia del dolore". Anche lui mi parla del "dolore" e della straordinaria bellezza di chi lo aiuta a combattere il dolore. Accidenti, ci vuole una gran serenità per restare lucidi e prendere dal dolore ciò che di meglio ha da offrirti e cioè occhi diversi con cui guardare il mondo. L'altro è Valerio Evangelisti, un genio assoluto, il migliore autore di Genere che abbiamo in Italia e direi in Europa se non nel mondo. Mi raccontava che nel libro conclusivo delle vicende di Eymerich avrebbe messo la sua percezione del male che lo affliggeva. Evangelisti che scrive sotto l'effetto del dolore deve essere qualcosa di epico, di micidiale. Rex Tremendae Maiestatis si intitola il romanzo, e parte di esso è ambientata in quella che lui ha detto essere "la tua Sicilia". Una Sicilia medievale, la immagino come quella di quel bel fumetto che mi consigliasti anni fa "Assunta", fantastica e allucinata di sole e aridità. Il romanzo non l'ho letto, mi dico che non sono pronto ancora. E' lì insieme agli altri che mi attende paziente. Nella quarta di copertina c'è la sua foto da bambino, e mi sembra simbolica del fatto che solo il misticismo fantastico di un bambino possa rendere vere certe allucinazioni. Luigi mi ha sognato pizzaiolo, mi ha fatto piacere. La pizza evoca se non felicità almeno allegria. Una pausa fragrante dalla flagranza del dolore.